Imponibile l’indennità per riposo non goduto
Il caso oggetto dell'ordinanza 24 settembre 2019, n. 23717, della Corte di cassazione genera da un'istanza di rimborso di una contribuente, in relazione a ritenute alla fonte che affermava essere indebite, operate ai fini Irpef. Il silenzio-rifiuto dell'Amministrazione finanziaria veniva opposto innanzi alla Commissione tributaria provinciale, che accoglieva il ricorso.
Esito confermato in appello, ove il giudice del riesame accordava alla lavoratrice il richiesto rimborso per le ritenute Irpef operate in relazione al ristoro sostitutivo del congedo ordinario non fruito per compensare «la maggiore esposizione a rischio radiologico».
Il ristoro era commisurato nell'importo di una mensilità di stipendio per ciascun anno e, nella prospettazione della lavoratrice, configurava risarcimento del danno, come tale escluso da tassazione ex articolo 6, comma 2, del Tuir. Diversamente, le somme erogate erano state invece tassate dall'Amministrazione finanziaria come componente retributivo.
Nel conseguente ricorso per Cassazione, l'ente impositore contestava violazione degli articoli 6, comma 2, e 51 (già 48), del Dpr n. 917/1986, in cui sarebbe incorsa la Commissione territoriale avendo ritenuto che il ristoro compensativo riconosciuto a monte alla contribuente dal Tar abbia natura risarcitoria e non retributiva, conseguendone l'errore nell'individuazione del regime fiscale applicabile. Ciò in quanto «l'indennità sostituiva per ferie non godute non può avere, in realtà, che la stessa natura dei redditi a cui è collegata (recte, redditi di lavoro dipendente soggetti a ritenuta alla fonte da parte del datore di lavoro), per cui andava assoggettata a tassazione ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del Dpr n. 917/1986».
Disattendendo la doppia conforme di merito la Sezione tributaria, con l'ordinanza in commento, accoglie il ricorso erariale, statuendo che l'indennità corrisposta al lavoratore in funzione compensativa del mancato godimento del periodo di riposo trova causa nel rapporto di lavoro e non ha pertanto natura risarcitoria ai fini fiscali, con la conseguenza che il relativo importo è imponibile in capo al lavoratore cui sia attribuito.
Nel merito, richiamando precedenti giurisprudenziali in tema di imponibilità delle somme percepite a titolo di indennità nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato (cfr. Cass. n. 23795/2010; n. 2549/2011), la Corte ricorda, in primo luogo, sulla scorta del combinato disposto degli articoli 6, comma 2, e 46 del Tuir, il principio in base al quale, in tema di imposte sui redditi di lavoro dipendente, le erogazioni economiche effettuate dal datore di lavoro a favore del lavoratore sono escluse da tassazione Irpef laddove le stesse non trovino causa nel rapporto di lavoro o laddove, in base all'interpretazione della concreta volontà manifestata dalle parti, non trovino la fonte della loro obbligatorietà né in redditi sostituiti, né nel risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi futuri, cioè successivi alla cessazione o all'interruzione del rapporto di lavoro.
Si ricorda, altresì, come, in applicazione di tale principio, sia stata considerata imponibile l'indennità erogata dal datore di lavoro al lavoratore a titolo di ristoro per la permanente esposizione sul luogo di lavoro al rischio scaturente dalla gestione di attrezzature radiologiche (così Cass. n. 24988/2015).
Nella specie, circostanza su cui le parti contendenti concordano, il giudizio ha ad oggetto soltanto l'indennità corrisposta in funzione compensativa del mancato godimento del periodo di riposo, e non l'indennità per esposizione al rischio radiologico.
Ciò premesso, secondo la Cassazione l'indennità compensativa del mancato godimento del periodo di riposo trova la sua causa nel rapporto di lavoro, non essendovi ragione per supporre che essa sia stata attribuita in sostituzione di altro genere di reddito, tanto meno prospettabile come reddito futuro a seguito dell'interruzione del rapporto di lavoro; ne consegue che l'indennità stessa sia imponibile in capo alla lavoratrice.
Peraltro, dai precedenti approdi giurisprudenziali è emerso sul punto che, in tema di imposte dirette, l'indennità sostitutiva del riposo settimanale non goduto costituisce reddito imponibile da lavoro dipendente, trattandosi di compenso percepito in dipendenza del rapporto di lavoro e commisurato a una certa capacità di lavoro svolto, anche se non in via regolare e continuativa e in violazione di un diritto indisponibile, poiché costituisce sicuro indice di capacità contributiva anche la retribuzione corrisposta per il lavoro prestato in violazione di norme - anche imperative a garanzia costituzionale di diritti indisponibili - poste a tutela del prestatore di lavoro, e la legge tributaria non contempla tale ipotesi come causa di esclusione della somma erogata dall'oggetto dell'imposizione (Cass. n. 16101/2014).
Successivamente, analogo principio è stato fornito in materia di indennità sostitutiva di un congedo non goduto (indipendentemente dalle finalità che sottostanno a quest'ultimo) che risulta assoggettabile a tassazione, in quanto compenso percepito in dipendenza del rapporto di lavoro e commisurato a una certa quantità o a una maggiore quantità di lavoro svolto, sebbene svolto in violazione di un diritto concesso a presidio di interessi primari (v. Cass. n. 2229/2016; n. 33139/2016).
In definitiva, trovando causa l'indennità in oggetto nel rapporto di lavoro, il giudice del riesame ha errato nell'attribuirle, ai fini fiscali, natura risarcitoria, escludendola perciò dal conteggio della base imponibile della lavoratrice.
Di conseguenza viene affermato il principio secondo cui «l'indennità sostitutiva dei giorni di congedo supplementari non goduti, da parte del personale esposto a rischio radiologico, trova causa nel rapporto di lavoro, e non ha pertanto natura risarcitoria ai fini fiscali, ne di-scende che l'importo di detta indennità concorre a comporre la base imponibile del lavoratore cui sia stata attribuita».