Contrattazione

Impugnazione del termine apposto al contratto di lavoro – La giurisprudenza più recente

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Impugnazione contratti a termine: la contestazione "omnibus" non è sufficiente

Tribunale di Padova 5 marzo 2015 - Giud. Dallacasa

Impugnazione contratti a termine susseguitisi nel tempo - Inidoneità di un'unica impugnazione "omnibus" - Onere impugnazione di ogni singolo con tratto - Sussistenza


Non vale ad impedire la decadenza di un precedente contratto a termine, la stipula di un ulteriore successivo contratto, trattandosi di rapporti formalmente distinti e sottoposti ad autonomi oneri di impugnazione.


Nota - Una lavoratrice faceva valere la nullità dei termini apposti ai contratti stipulati con la società datrice, a breve distanza l'uno dall'altro. La società opponeva l'eccezione di decadenza ex art. 32, comma 3 e 4, lettera d), della legge 183/2010, in relazione alla totalità dei contratti eccetto l'ultimo, ancora in corso.
Il Giudice accoglieva l'eccezione di decadenza formulata dalla convenuta, posto che la lettera di impugnazione prodotta in giudizio risultava posteriore allo spirare del termine di centoventi giorni dalla scadenza del penultimo rapporto oggetto di causa. Del resto, l'avvenuta decadenza non si poteva ritenere impedita dalla costituzione di un nuovo rapporto giuridico scaturito da un nuovo contratto, evidentemente sulla base della considerazione per cui tale costituzione non può essere equiparata a un atto stragiudiziale con il quale il lavoratore faccia valere l'illegittimità del termine apposto al contratto.
Con la pronuncia in commento, il Tribunale di Padova converge pienamente con quanto stabilito in una nota sentenza del Tribunale di Milano il quale, con estrema chiarezza, effettuava una comparazione tra il regime della decadenza generale ex art. 2966 cod. civ. ed il regime particolare previsto in materia di contratti di lavoro (Trib. Milano 29 luglio 2014).
In particolare, esponeva che la decadenza di cui all'art. 2966 cod. civ. è impedita esclusivamente dal riconoscimento del diritto che si vuol far valere, proveniente dalla persona contro la quale lo si deve azionare; nelle ipotesi di impugnazione del termine apposto a un contratto di lavoro e in quelle di contestazione della legittimità della somministrazione non può ritenersi sussistente la condizione di cui all'art. 2966 cod. civ. per il fatto di nuove assunzioni a tempo determinato o del ricorso a un ulteriore periodo di lavoro somministrato in quanto poggianti su presupposti diametralmente opposti al diritto che si intende "riconosciuto".
Con la sentenza in commento anche il Tribunale di Padova prende posizione in tal senso sul problema della decadenza del contratto a termine dopo l'emanazione della legge n. 183/2010 (cd. Collegato Lavoro) e successive modificazioni.
Peraltro, in tale questione un'opinione dottrinale (Chiusolo, in D&L online) aveva sostenuto la possibilità di impugnare "una volta per tutte" un unico contratto a tempo determinato al fine di far valere l'illegittimità del termine della totalità di contratti in precedenza stipulati. Ciò in quanto l'opposta interpretazione sconterebbe il problema secondo cui difficilmente un lavoratore sarebbe determinato ad impugnare un precedente contratto a termine durante la pendenza di un ulteriore contratto. Si aggiunge, inoltre, che l'illegittimità del termine comporterebbe la sussistenza di un unico rapporto a tempo indeterminato, decorrente dalla stipulazione del primo contratto di lavoro. Infine, tale opinione sottolinea che una diversa interpretazione contrasterebbe con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Infatti, se alla cessazione del singolo contratto a termine fosse estesa la disciplina decadenziale prevista nel caso di licenziamento, vi sarebbe un'irragionevole disparità di trattamento: mentre in caso di licenziamento il lavoratore ha la certezza dell'avvenuta estinzione del rapporto di lavoro (avendo ricevuto una comunicazione scritta al riguardo), nel caso di scadenza di un contratto a termine, invece, il lavoratore di regola non riceve alcuna comunicazione di cessazione del rapporto e, soprattutto, confida che (come spesso avviene) il rapporto proseguirà mediante la stipulazione di un nuovo contratto a termine, decorsi i dieci (o venti) giorni di necessario intervallo.
Tali dubbi di legittimità costituzionale avanzati dalla dottrina testé richiamata sono stati, tuttavia, fugati dalla recente pronuncia della Consulta (Corte Cost., 4 giugno 2014, n. 155). Il Giudice delle Leggi ha affermato che tale soluzione non comporta la lesione di alcun principio di rango costituzionale, con la conseguente applicazione, per la totalità dei rapporti lavorativi, dei regimi decadenziali introdotti dal D.Lgs. suddetto.
Tale orientamento, che ben può dirsi ormai pacifico (cfr., ex multis, oltre a Trib Milano, 29 luglio 2014, cit., Trib. Venezia 6 novembre 2013, n. 777) dimostra di essere condiviso dal Tribunale di Padova nella sentenza in esame.

Tratto da:

Rassegna del merito del Tribunale di Padova

(Guida al Lavoro 10 luglio 2015, n. 28, pag. 85 ss)
a cura di E. Barraco (Studio legale Barraco), S. Sancio e C. Fontanella (Confindustria Padova)

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