Inps, mina legale sulle nomine a rischio bilancio e quota 100
A una settimana dalla firma del decreto interministeriale per la nomina del commissario e del vicecommissario l’Inps non ha ancora, nei fatti, una rappresentanza legale. Nelle ultime ore si è appreso che Francesco Verbaro, scelto per il ruolo di vicecommissario, quanto meno a tempo in vista dell’insediamento del presidente, di un vice e del nuovo Consiglio di amministrazione, ha un vincolo di inconferibilità d’incarico. La norma che stoppa il suo nome è contenuta nel Dlgs 165/2001 (articolo 53) laddove si esclude la possibilità di essere nominati alla guida di enti a soggetti che negli ultimi due anni abbiano avuto rapporti di collaborazione o consulenza con organizzazioni sindacali, partiti o organismi che fanno capo alle parti sociali. E Verbaro, ex segretario generale al ministero del Lavoro ai tempi di Maurizio Sacconi, nella sua attività professionale e consulenziale ricade proprio in questa circostanza, visto che ha avuto e ha ancora rapporti, tra gli altri, con Formatemp, Adepp, diverse casse previdenziali privatizzate e Assolavoro.
Il governo sta studiando una soluzione tecnica, che potrebbe arrivare con un emendamento al decretone nel corso dell’esame alla Camera, laddove oltre a definire ruoli e funzioni del vicepresidente si introdurrebbero anche alcune deroghe sul divieto di incarichi a pensionati o dipendenti pubblici. Ma se questa fosse la strada, bisognerebbe aspettare fine marzo, con la conversione in legge del testo, un tempo troppo lungo per lasciare Inps, proprio in questa delicata fase di attuazione del reddito di cittadinanza e di quota 100, senza un rappresentate con potere di firma. «Tra l’altro l’attuazione delle due misure richiede una variazione di bilancio da adottare entro fine febbraio, e senza firma di un presidente non si può procedere» ha spiegato al Sole 24 Ore Guglielmo Loy, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza. «Serve – ha proseguito Loy – una soluzione immediata e ben fatta, perché il decreto di nomina a questo punto deve essere riscritto, e senza determine firmate da un legale rappresentante molti atti non possono andare avanti». Ieri Inps in una nota ha intanto precisato che «sono state già realizzate le procedure informatiche per la ricezione delle domande del reddito di cittadinanza dal 6 marzo e che l’Istituto sarà in grado di trasmettere a Poste il flusso degli ordinativi di accreditamento sulle carte Rdc già dal 15 aprile».
Non è escluso che della questione Inps ieri si sia parlato nell’incontro tra il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Un vertice servito per aprire una linea di confronto stabile, come ha spiegato lo stesso Durigon. Il sottosegretario ha ribadito che l’obiettivo finale del governo resta “quota 41”, da adottare dopo la sperimentazione in corso. Se fosse partita già quest’anno avrebbe consentito fino a 750mila uscite anticipate «ma servivano 10 miliardi» ha osservato Durigon, mentre «con 22 miliardi nel triennio garantiamo il pensionamento a un milione di lavoratori».
L’esponente della Lega s’è anche detto disponibile a valutare le richiesta dei sindacati per un allargamento delle misure messe in campo, a partire dall’Ape sociale fino allo stop della finestra mobile per i lavoratori impegnati in attività gravose. I sindacati hanno anche rilanciato la richiesta di istituire la commissione tecnico-scientifica sia sui lavori gravosi e usuranti, sia per la separazione della spesa previdenziale da quella assistenziale, prevista nella penultima manovra e mai attivata. Poco prima dell’incontro il segretario della Cgil, Stefano Landini, aveva detto a Radio24 che «quota 100 non è sufficiente a riorganizzare il sistema previdenziale, il quale necessita invece di una riforma complessiva perché da quella Dini in poi si è solo badato a provvedimenti utili a far quadrare i conti. Serve - ha aggiunto Landini - una pensione di “garanzia” per i giovani che possa coprire contributivamente periodi in cui è stato impossibile lavorare».
Alcuni dei ritocchi discussi ieri saranno probabilmente inseriti nel passaggio alla Camera del decretone. Che dovrebbe ottenere il primo via libera del Senato, senza fiducia, domani o al più tardi giovedì. Ieri però è slittato a più riprese l’avvio dei lavori in Aula a palazzo Madama, anche a causa delle incertezze sugli ultimi emendamenti governativi da introdurre in prima lettura.