L’impresa sociale punta a crescere con i bonus per chi investe
Arriva una spinta alla crescita che riguarda almeno 25mila imprese già esistenti e che punta ad aumentare il numero delle aggregazioni che scelgono la veste della “impresa sociale”, ovvero associazioni, fondazioni o società che esercitano un’attività di impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e «per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale». Imprese che operano in una molteplicità di settori, dalla sanità alla tutela del patrimonio culturale, dalla formazione al reinserimento dei lavoratori svantaggiati.
Proprio per stimolare la crescita di queste realtà, la riforma del terzo settore ha introdotto una serie di incentivi fiscali per le imprese sociali e per chi investe nel loro capitale: la normativa di riferimento (il Dlgs 112/2017) in vigore dal 20 luglio dell’anno scorso, è stata ritoccata dal decreto correttivo approvato dal Consiglio dei ministri il 17 luglio scorso e appena pubblicato sulla Gazzetta ufficiale di venerdì 10 agosto (Dlgs 95/2018).
La riforma dell’impresa sociale ha così un quadro normativo stabile: manca solo il via libera della Commissione europea all’applicazione del regime fiscale agevolato per queste imprese (si veda Il Sole 24 Ore del 30 luglio scorso), che deve essere riconosciuto compatibile con le regole del mercato unico.
La platea esistente e gli occupati
A parte le imprese sociali che si costituiranno in futuro, quante sono le realtà già esistenti che potranno usufruire dei nuovi incentivi alla crescita? Si tratta di due categorie di soggetti: imprese sociali e cooperative sociali.
Le imprese sociali iscritte alla sezione speciale del Registro imprese, in base ai dati forniti al Sole 24 Ore del Lunedì da Infocamere, sono 1984, in crescita del 45% rispetto al dato di fine 2016, quando erano 1.367. Le regole sull’impresa sociale in vigore dal 2006 e ora abrogate (Dlgs 155/2006) non avevano fatto decollare questo tipo di impresa, non prevedendo nessun incentivo fiscale che rendesse appetibile la formula.
La riforma del terzo settore prevede ora incentivi sulla tassazione degli utili e agevolazioni per i privati e le società che investono nel capitale di queste imprese, sulla falsariga delle misure previste per le start-up innovative, già autorizzate dalla Commissione europea.
L’incentivo alla capitalizzazione spetterà anche alle cooperative sociali, che la riforma riconosce come imprese sociali di diritto. Le coop sociali iscritte all’albo nazionale tenuto dal ministero dello Sviluppo economico sono 23.877. Gli occupati nelle cooperative sociali, secondo i dati Istat riferiti al 2016 (gli ultimi disponibili, che saranno approfonditi nel rapporto Iris network “L’impresa sociale in Italia”, di prossima pubblicazione) sono oltre 400mila.
Le agevolazioni per chi investe
Dal punto di vista degli investitori, il decreto correttivo appena approvato ridefinisce il perimetro delle imprese alle quali è possibile destinare gli investimenti agevolati.
Nella versione originaria la fruizione dei benefici era subordinata alla duplice condizione: che la società avesse acquisito la qualifica di impresa sociale dopo l’entrata in vigore del Dlgs 112/2017 (20 luglio 2017) e fosse costituita da non più di tre anni a quella data. In questi termini sarebbe stato possibile beneficiare degli incentivi senza ulteriori limiti temporali. Oggi, invece, gli incentivi sono circoscritti ai soli investimenti che sostengono progetti di imprenditoria sociale in fase di “di start up”, ossia rivolti a società che abbiano adottato la qualifica di impresa sociale da non più di cinque anni. Sono dunque agevolabili sia gli investimenti nel capitale di imprese sociali costituite in base alla precedente normativa (Dlgs 155/2006), sia quelli in imprese sociali che abbiano acquisito la qualifica in base al Dlgs 112/2017.
La misura degli incentivi
La misura degli incentivi resta invariata: i contribuenti Irpef e Ires che scelgono di investire in una società con la qualifica di impresa sociale (incluse le cooperative) hanno diritto rispettivamente a una detrazione del 30% della somma investita, per un importo massimo agevolabile di un milione di euro per ciascun periodo d’imposta e a una deduzione del 30% delle somme investite, per un investimento massimo di 1,8 milioni di euro, per ciascun periodo d’imposta.
In pratica, una persona fisica che effettua un investimento di 2mila euro nel capitale di un’impresa sociale avrà una detrazione di 600 euro.
Un’impresa che investe il massimo importo agevolabile, 1,8 milioni di euro, avrà un abbattimento del reddito di 540 mila euro, per un risparmio Ires fino a 129.600 euro.
Per rafforzare la stabilità dell’investimento, il decreto correttivo ha previsto che questo dovrà essere mantenuto per almeno cinque anni (erano inizialmente tre), pena la perdita dei benefici fiscali.
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