L’obbligo della chiarezza
Tantissime le persone in coda, ieri mattina, nella sede del Sole 24 Ore per registrarsi al convegno “Tuttolavoro 2014” dedicato al Jobs act, la legge 183 in vigore da oggi. Alla fine si sono contati circa 800 partecipanti al dibattito. Al di là della fortunata coincidenza relativa al calendario dell’evento, a pochi giorni dall’approvazione definitiva da parte del Senato, i numeri sono significativi non solo della necessità di prima informazione da parte di professionisti e operatori.
Dietro tanta partecipazione si nascondono infatti tantissime aspettative di “cambiare verso” nelle regole del mercato del lavoro. Semplificazione, flessibilità, certezze sono parole che ormai si rincorrono da anni e che rischiano di apparire slogan vuoti. In realtà esprimono l’appello delle imprese che devono fare i conti, nella gestione del personale, con extra costi occulti: la burocrazia, la difficoltà di interpretare le norme e ancora tempi incerti nei ricorsi giurisdizionali.
La riforma 92/2012, in questo quadro, ha rappresentato dei passi avanti ma ha risentito del difficile compromesso tra le tante anime politiche che hanno sostenuto il Governo Monti. L’errore da non ripetere è proprio questo: nascondere dietro complicati giri di parole l’impossibilità di prendere una decisione lineare. Non si può continuare a fare una riforma del mercato del lavoro ogni anno: se le leggi non creano occupazione sicuramente l’instabilità delle regole non facilita il compito di quanti sono disposti a investire.