Contenzioso

L’obbligo di dichiarare le relazioni personali evita i conflitti di interesse

Licenziato un lavoratore che ha sottaciuto il legame con una collega e ha fatto pressione per interrompere la gravidanza

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di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Se la policy aziendale contenuta nel relativo codice di condotta prevede che un dipendente debba segnalare al datore di lavoro la relazione sentimentale intrattenuta con una collega, il mancato rispetto di questa prescrizione costituisce un inadempimento rilevante sul piano disciplinare. Se quello stesso lavoratore ha anche esercitato pressioni per indurre la collega ad abortire e sottacere lo stato di gravidanza, per non mettere a repentaglio un avanzamento di carriera già prospettato, l’inadempimento integra gli estremi della giusta causa di licenziamento.

Le previsioni del codice di comportamento, per cui sono da evitare situazioni in cui nella stessa area di business operino lavoratori che hanno uno stretto rapporto di parentela o un legame sentimentale, rappresentano un obbligo meritevole della massima considerazione, posto che esso ha la funzione di garantire l’imparzialità e la trasparenza nell’adozione di ogni scelta gestionale che impatti sulla carriera dei colleghi e, inoltre, di salvaguardare la serenità dell’ambiente lavorativo.

Valorizzando la dimensione etica del codice di condotta come strumento rivolto a evitare fenomeni di conflitto di interessi, il Tribunale di Roma (sentenza del 14 marzo 2023, causa 22884/2021) ha stigmatizzato il comportamento del collega senior che ha mantenuto una relazione sentimentale con una collega più giovane, senza premurarsi di avvertire il datore di lavoro. Il giudice pone in risalto l’obbligo che incombeva sul dipendente di avvisare il datore sul potenziale conflitto che la relazione sentimentale poteva generare in rapporto al perseguimento degli interessi aziendali.

Rispetto a questa conclusione, non ha alcuno spazio il rilievo per cui il collega senior non era gerarchicamente sovraordinato alla collega junior, perché nei contesti lavorativi è fisiologico che i colleghi con maggiore anzianità siano in grado di esercitare pressioni sui colleghi più giovani. Inoltre, le stesse valutazioni sulle capacità dei dipendenti junior presuppongono una fase di confronto del management aziendale con i dipendenti più anziani di reparto.

Né ha rilievo che la relazione tra colleghi possa essersi limitata a sporadici incontri di natura sessuale, perché anche questa situazione genera una minaccia per l’imparzialità e la trasparenza delle scelte lavorative e impatta sulla serenità dell’ambiente.

Su questi presupposti riposano le successive valutazioni del Tribunale sulle pressioni esercitate dal lavoratore per indurre la giovane collega a sottacere la gravidanza in azienda e a prendere la decisione di abortire, essendo emerso dagli scambi di messaggistica sul social Whatsapp che a muovere il dipendente era la preoccupazione di perdere la promozione che, di lì a pochi mesi, si sarebbe dovuta materializzare.

Il Tribunale rimarca che le riproduzioni informatiche delle conversazioni su Whatsapp sono riproduzioni meccaniche idonee a provare i fatti che in esse sono stati descritti e la circostanza che la loro raccolta sia avvenuta attraverso la clonazione del dispositivo elettronico in uso alla giovane dipendente non inficia la validità dei dati acquisiti.

Risultava, in definitiva, confermato che il lavoratore senior aveva violato il codice etico aziendale per aver non aver dichiarato l’esistenza della relazione con la più giovane collega e aveva esercitato pressioni sulla stessa per sottacere lo stato di gravidanza e, quindi, interromperla. Tali comportamenti sono incompatibili con la permanenza del rapporto di lavoro ed evidenziano che il dipendente ha anteposto alle esigenze della società il proprio personale interesse all’avanzamento di carriera.

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