Contrattazione

La dichiarazione di fallimento non scioglie il rapporto d’agenzia

Per la Cassazione resta sospeso fino alla decisione finale del curatore. Sentenza in controtendenza rispetto all’orientamento precedente dei giudici di merito e di legittimità

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di Alessandro Limatola e Gianluca Stanzione

Nel caso in cui il rapporto il rapporto di agenzia sia sciolto con l'esclusione dei crediti a esso relativi dallo stato passivo del fallimento del preponente, l'agente ha diritto di esserne ammesso per i crediti maturati a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e suppletiva di clientela. Sulla base di questo principio, la Cassazione Sezione Lavoro, con la sentenza 10046/2023 dello scorso 14 aprile, ha sovvertito l'orientamento precedente della giurisprudenza di legittimità e di merito in un periodo in cui sempre più agenti di commercio sono alle prese con aziende mandanti preponenti in crisi e sull'orlo del fallimento.
Si ricorda che in base all'articolo 2751 bis, n. 3, del codice civile i crediti per provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l'ultimo anno di prestazione, come le indennità per la cessazione del rapporto, godono di privilegio e pertanto andranno soddisfatti con precedenza rispetto ai crediti chirografari.
In relazione alle indennità di fine rapporto, gli Accordi economici collettivi (Aec) divergono tra loro. L'Aec Settore Commercio prevede che tale indennità spetta se il contratto di agenzia si scioglie su iniziativa della casa mandante, mentre quello dell'Industria la esclude laddove il contratto d'agenzia si sciolga per un fatto imputabile all'agente. Di conseguenza, se è il fallimento a interrompere il contratto d'agenzia, in base all'Aec Commercio l'indennità suppletiva di clientela potrebbe non spettare, in quanto il contratto non si è risolto per decisione della mandante; mentre a norma dell'Aec Industria tale indennità dovrebbe ugualmente spettare in quanto il contratto non si è risolto per decisione, né colpa dell'agente.
In questo cointesto, la maggioranza dei Tribunali fallimentari non riconosce il diritto degli agenti alle indennità di fine rapporto se il contratto si interrompe per la dichiarazione di fallimento della mandante, nonostante sia la stessa legge fallimentare a sancire che le indennità di un agente di commercio sono «privilegiate». Così, peraltro, si è più volte espressa la stessa giurisprudenza di legittimità, ritenendo non dovute le indennità in quanto il fallimento non rientra tra le volontà della mandante.
Come detto, nella sentenza 10046/2023 la Cassazione ha stabilito invece che «Qualora il rapporto di agenzia pendente sia sciolto per fatto concludente, con il provvedimento di esclusione dei crediti ad esso relativi dallo stato passivo del fallimento del preponente, l'agente ha diritto di esserne ammesso per i crediti maturati a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e suppletiva di clientela». Trova, infatti, applicazione l'articolo 72 della legge fallimentare, secondo cui l'esecuzione del rapporto di agenzia «rimane sospesa fino a quando il curatore, con l'autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi ovvero di sciogliersi dal medesimo» e non l'articolo 78 della stessa legge, che prevede lo scioglimento automatico del contratto stesso in caso di fallimento del mandatario e non della mandante.
L'avvenuta applicazione del principio di diritto di cui all'articolo 72 è di rilevante importanza dal momento che il rapporto contrattuale non viene sciolto a seguito della mera dichiarazione di fallimento, ma rimane sospeso fino a quando il curatore non opti per la prosecuzione o la cessazione del relativo rapporto negoziale, con conseguente diritto dell'agente, in quest'ultimo caso, alle indennità di fine rapporto.
Secondo la Cassazione la dichiarazione di fallimento non è, quindi una giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro, ma comporta una fase di sospensione. Questa fase, si giustifica perché il curatore, a tutela della soddisfazione delle ragioni dei creditori, abbia tempo per valutare la convenienza di una scelta, autorizzata dal Comitato dei creditori, fra il subentro del rapporto o lo scioglimento dello stesso.
Qualora il curatore opti, quindi, per lo scioglimento del rapporto, esso cessa per effetto non della dichiarazione di fallimento ma a causa dell'esercizio di una facoltà comunque sottoposta al rispetto delle norme di legge e della contrattazione collettiva in tema di riconoscimento dell'indennità sostitutiva del preavviso e di fine rapporto.

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