Contenzioso

Licenziamento per chiusura reparto legittimo anche se il datore ricorre a risorse esterne

di Giulia Bifano e Massimiliano Biolchini

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo conseguente alla chiusura del reparto a cui l'ex dipendente era adibito è legittimo anche se il datore di lavoro, dopo il recesso, ricorre per tempi limitati a lavoratori interinali o a termine.

Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza n. 19731/2018, decidendo sul ricorso di un lavoratore che, licenziato a seguito della soppressione del proprio reparto, aveva contestato la legittimità del provvedimento datoriale in quanto, a suo dire, comminato in violazione dell' obbligo di repêchage.

A sostegno della propria tesi, il lavoratore sottolineava come, successivamente al licenziamento, l'azienda avesse impiegato talune risorse esterne, ingaggiate per via interinale o con contratti a termine, oltre ad avere fatto un maggiore ricorso al lavoro straordinario dei dipendenti a tempo indeterminato. Investita della questione, la Corte d'appello di Salerno ha confermato la pronuncia di primo grado che, nel respingere il ricorso del lavoratore, aveva anzitutto accertato la veridicità dell'abbattimento dei ricavi in seguito al quale l'azienda aveva ridotto il proprio organico, nonché il fatto che a seguito del licenziamento non erano state effettuate nuove assunzioni a tempo indeterminato. Pertanto, ha affermato la Corte, “ben poteva la parte datoriale, per la dedotta più economica gestione dell'impresa a seguito di un protratto periodo di crisi di risultati e di difficoltà di mercato, ridimensionare l'organico, ridistribuendo le mansioni in precedenza assegnate al ricorrente al personale residuo, oppure ricorrendo, per tempi assolutamente limitati, a risorse esterne”.

Confermando le decisioni rese in sede di merito, la Cassazione ha ribadito come l'impiego di risorse esterne all'azienda per lo svolgimento di mansioni che potevano essere affidate al dipendente licenziato non è idoneo a rappresentare una violazione dell'obbligo di repêchage, laddove ciò avvenga per tempi assolutamente limitati. Non avendo il lavoratore contestato il fatto che il ricorso ai lavoratori somministrati o a tempo determinato avvenisse su base del tutto sporadica ed eccezionale, collocandosi in specifici periodi di punta, la Corte di legittimità ha ritenuto ineccepibile la conclusione del giudice d'appello, secondo cui una simile condotta era evidentemente non omologabile all'assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale al posto del dipendente cessato. Dunque, constatando l'assenza di nuove assunzioni nell'azienda datrice di lavoro, che aveva piuttosto ricorso ad una riorganizzazione interna delle mansioni o all'impiego di risorse esterne in particolari circostanze, la Corte ha confermato la legittimità del licenziamento comminato per motivo oggettivo. Infatti, il datore di lavoro che persegue un reale risparmio di costi ben può sopprimere alcune posizioni lavorative o a tempo indeterminato per ridistribuirne le mansioni tra il personale già in essere e, talvolta, usufruire delle prestazioni di lavoratori somministrati o a termine: ciò, si ribadisce, a condizione che il ricorso a tali risorse esterne avvenga limitatamente e comporti un esborso inferiore a quello dovuto per il mantenimento di unità di personale assunta a tempo indeterminato.

La sentenza n. 19731/18 della Corte di cassazione

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