Licenziamento, uscita «morbida» anche per le Pmi
Anche per il datore di lavoro che abbia licenziato un dipendente, e che ne occupi non più di 15 nel comune o nell'unità produttiva (o che non ne abbia più di 60 in tutto), è possibile (ma non obbligatorio) avvalersi dell'offerta di conciliazione introdotta dal decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.
Le nuove norme in materia di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, nel caso in esame, si applicano ai lavoratori (operai, impiegati e quadri) nuovi assunti a partire dal 7 marzo 2015, nonché nei casi in cui, dalla medesima data, si sia proceduto alla conversione di un contratto a termine in contratto a tempo indeterminato o di prosecuzione del rapporto al termine del periodo di formazione, se si tratta di un rapporto di apprendistato.
Ebbene, per evitare il giudizio, entro 60 giorni dal licenziamento, il datore può offrire al lavoratore, in una sede protetta (sede sindacale o commissione di conciliazione) o davanti alle commissioni di certificazione (che possono essere istituite presso gli enti bilaterali, le direzioni territoriali del lavoro e le province, le università pubbliche e private, il ministero del Lavoro, i consigli provinciali dei consulenti del lavoro), mediante la consegna di un assegno circolare, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini Irpef e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a 1 mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per i primi 2 anni di servizio, aumentata di una ulteriore somma pari a mezza mensilità della retribuzione per ogni ulteriore anno di servizio a partire dal 3°.
L'importo massimo “netto” è pari, dopo 12 anni di anzianità presso il medesimo datore di lavoro a 6 mensilità.
Se il lavoratore accetta l'assegno, il rapporto di lavoro si estingue alla data del licenziamento e si ha la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche se il lavoratore l'ha già proposta: ne discende che il datore può formulare l'offerta di conciliazione anche se l'ex dipendente non ha ancora impugnato il licenziamento.
La nuova disposizione prevede poi che, se nella stessa sede conciliativa, viene concordata anche l'erogazione di altre somme (per esempio a titolo di differenze retributive), queste sono soggette al regime fiscale abituale.
Infine, in ogni caso, ossia tanto qualora abbia proposto la conciliazione quanto ove non l'abbia fatto, entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, il datore deve inviare al CPI un'ulteriore comunicazione nella quale va indicata l'avvenuta ovvero la non avvenuta conciliazione.