Contrattazione

Limiti rimossi se c’è un nuovo utilizzatore

di Giampiero Falasca

Il comma 1-ter dell’articolo 2 del Decreto lavoro (introdotto dalla legge di conversione n. 96/2018) stabilisce che, in caso di somministrazione, le condizioni indicate all’articolo 19, comma 1, del Dlgs 81/2015 (nella versione appena modificata) «si applicano esclusivamente all’utilizzatore».

Questa norma, di natura interpretativa, nasce con l’intenzione di correggere un difetto d’impostazione contenuto nella versione originaria del Dl 87/2018, che aveva frettolosamente equiparato il lavoro a termine a scopo di somministrazione con il rapporto a tempo determinato diretto. Un’equiparazione che produceva alcuni effetti perversi: qualora un’agenzia per il lavoro avesse voluto ricollocare presso un nuovo utilizzatore un lavoratore somministrato già utilizzato presso una precedente impresa, avrebbe dovuto indicare la causale, in quanto si sarebbe trattato di un rinnovo a tutti gli effetti.

Causale che, oltre tutto, avrebbe dovuto essere riferita a un fabbisogno dell’agenzia per il lavoro, nonostante la somministrazione sia strutturalmente destinata a soddisfare esigenze di imprese terze.

Questi effetti sembrano essere evitati dalla norma interpretativa che, seppure con termini non del tutto precisi, afferma un concetto importante: tutte le limitazioni contenute nel comma 1 dell’articolo 19 devono essere rispettate dall’utilizzatore e non dall’agenzia.

Secondo un’interpretazione restrittiva, la norma farebbe riferimento solo alle modalità di indicazione della causale (ove necessaria), precisando che il fabbisogno concreto del lavoratore dovrà sussistere in capo all’utilizzatore, e non in capo all’agenzia. Secondo questa lettura, non avrebbe invece alcun effetto sul computo della durata massima del rapporto (12 mesi), oltre la quale decorre l’obbligo di indicare la causale, e sulla disciplina dei rinnovi, che dovrebbero essere calcolati facendo riferimento ai rapporti intercorsi con l’agenzia.

Questa lettura sembra irrazionale, per diversi motivi.

In primo luogo, va considerato che la disciplina delle proroghe e i rinnovi, contenuta nell’articolo 21, comma 1, del Dlgs 81/2015, rinvia proprio all’articolo 19, comma 1, creando un collegamento fortissimo: se la causale iniziale si intende riferita all’utilizzatore, è inevitabile che anche le causali delle proroghe e dei rinnovi debbano essere riferiti allo stesso soggetto, sia per quanto riguarda i contenuti, sia per il calcolo del momento in cui diventano obbligatorie.

In secondo luogo, le soglie dei 12 e dei 24 mesi (durata massima ordinaria, durata massima con causale) sono a tutti gli effetti “condizioni” di legittimità per l’apposizione del termine e, come tali, vanno calcolate (come dice la norma) esclusivamente con riferimento all’utilizzatore.

Di conseguenza, se un soggetto termina la missione presso un utilizzatore, e stipula con la stessa agenzia un nuovo rapporto di lavoro a tempo determinato per una missione presso una nuova impresa, il contatore dei 12 mesi (soglia per la causale) ricomincia a decorrere da zero.

Nella stessa logica, la causale per il rinnovo è necessaria solo se il nuovo contratto si svolge presso lo stesso utilizzatore: se cambia l’impresa, il nuovo rapporto può essere stipulato senza la causale, nel rispetto del tetto dei 12 mesi di durata massima della missione.

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