Mansioni superiori nel pubblico impiego: il maggior compenso non è automatico
Nel pubblico impiego privatizzato, lo svolgimento di fatto di mansioni superiori è disciplinato dalla norma speciale contenuta nell'articolo 52 del decreto legislativo 165/2001, che si discosta in parte rispetto alla previsione privatistica contenuta nell'articolo 2103 del Codice civile. Si tratta, in ogni caso, di una previsione che tende comunque e necessariamente ad assicurare che il lavoratore percepisca una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio a quanto sancito dall'articolo 36 della Costituzione.
In termini pratici – come ribadito nei giorni scorsi dalla Corte di cassazione (25848/2022) – ciò si traduce nell'impossibilità di subordinare il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori da parte di un dipendente pubblico alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione a tali mansioni o alle previsioni della contrattazione collettiva o, ove pertinente, al nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dal contratto collettivo di categoria enti locali.
Per i giudici, affinché il lavoratore maturi il diritto a percepire, in base al quinto comma dell'articolo 52 del testo unico sul pubblico impiego, la retribuzione commisurata allo svolgimento di fatto di mansioni superiori non è neppure necessario che vi sia un legittimo provvedimento del superiore gerarchico né, addirittura, che sussista un provvedimento in tal senso.Ciò posto, non può comunque dirsi che il lavoratore che svolga mansioni riconducibili a quelle proprie di una qualifica superiore maturi per ciò solo il diritto al compenso previsto in simili ipotesi dal testo unico, ma è necessario compiere un ulteriore accertamento.
La Cassazione ha infatti chiarito che la retribuzione prevista dall'articolo 52 non può essere erogata nel caso in cui l'espletamento delle predette mansioni sia avvenuto all'insaputa dell'ente datore di lavoro o contro la sua volontà, se lo stesso derivi da una collusione fraudolenta tra il dipendente e il suo dirigente o, infine, laddove si ravvisi un contrasto di tale situazione con norme fondamentali o generali o con i principi basilari pubblicistici sui quali si fonda il nostro ordinamento giuridico.
Questi ultimi sono gli unici limiti che possono bloccare il riconoscimento del maggior compenso, mentre non rilevano in alcun modo, al contrario di quanto si era provato a far valere nel caso di specie, la circostanza che nella pianta organica non esista un posto con qualifiche e mansioni come quelle rivendicate dal dipendente, il fatto che non è stato bandito nessun concorso per tale posto né l'insussistenza di un atto deliberativo di natura collettiva o dirigenziale che conferisca al lavoratore le mansioni superiori.