Nei concorsi di lavoro maternità da computare nell’anzianità di servizio
Per la Corte d’appello di Catanzaro la parità va garantita anche nella fase d’accesso
Nella valutazione dei candidati in sede preselettiva deve essere tenuto in considerazione, ai fini del punteggio collegato all’anzianità di servizio in specifiche mansioni, il periodo di astensione obbligatoria per maternità.
Anche se il bando per coprire un posto di lavoro a tempo indeterminato valorizza, tra i requisiti cui è collegato il punteggio, la «pregressa esperienza» svolta nel ruolo aziendale, nel relativo periodo devono essere ricompresi i mesi di congedo obbligatorio per maternità.
È irrilevante che in tale intervallo temporale la candidata non abbia effettivamente svolto la mansione di cui al ruolo. Una lettura difforme costituisce una discriminazione indiretta verso la lavoratrice per la sua pregressa condizione di gestante. La Corte d’appello di Catanzaro ha affermato questo principio (sentenza 1041/2022 del 30 settembre scorso) sul rilievo che la parità di trattamento e di opportunità tra uomini e donne va garantita «fin dalla fase dell’accesso al lavoro». In tale contesto, una selezione che non tenga conto del periodo di congedo obbligatorio durante la gravidanza, a prescindere dal fatto che non sia stata eseguita la prestazione lavorativa, realizza una forma indiretta di discriminazione.
Il caso esaminato è esemplare, perché la selezione è avvenuta tra due lavoratrici, entrambe candidate a ricoprire un ruolo amministrativo nell’area controllo di gestione e contabilità. Tra i requisiti dell’avviso di selezione spiccava uno specifico punteggio attribuito in base alla «esperienza svolta nell’ultimo triennio» in attività coerenti con il ruolo per cui era bandita l’assunzione. All’esito della selezione era emerso che le prime due candidate in graduatoria avevano entrambe svolto, per sei mesi ciascuna, la stessa mansione utile ai fini del punteggio e la seconda lavoratrice era subentrata in sostituzione della prima in congedo per maternità. Alla candidata che aveva usufruito del periodo di maternità era stato assegnato il punteggio massimo, perché era stato conteggiato anche il congedo obbligatorio.
La candidata esclusa ha promosso una causa contro la società, sostenendo che il periodo di astensione per maternità non dovesse essere calcolato nell’anzianità di servizio, posto che il bando presupponeva lo svolgimento effettivo delle mansioni. In primo grado il ricorso era stato respinto sull’assunto che a prevalere era la norma (articolo 22, comma 3 e 5, del Dlgs 151/2001) per cui i periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio, tra l’altro, in caso di progressioni di carriera.
La candidata esclusa ha proposto appello, valorizzando la circostanza che la selezione non era relativa a una progressione verticale, ma aveva a oggetto l’attivazione di un rapporto di lavoro ex novo. Veniva, quindi, ribadito che il requisito dell’esperienza pregressa non poteva coincidere con un’attività virtuale, ma richiedeva lo svolgimento effettivo di una prestazione di lavoro.
Non è dello stesso avviso la Corte d’appello di Catanzaro, per la quale, sul presupposto che la parità di trattamento va garantita anche per la fase di accesso al lavoro, la sola interpretazione plausibile del bando era che l’esperienza lavorativa pregressa ricomprendesse il periodo di quiescenza per maternità.
Alla luce dei pregnanti obblighi di informazione richiesti per la certificazione di parità di genere, che espressamente richiede di documentare le modalità di selezione delle candidature, la sentenza costituisce un precedente da non sottovalutare.