Non coperti gli infortuni per attività extra
Secondo l’interpretazione da darsi all’articolo 2087 del Codice civile, non è ipotizzabile a carico dell’imprenditore un obbligo di sicurezza e prevenzione anche in relazione a condotte del dipendente che, pur non rientranti nella nozione di inopinabilità e di abnormità, siano state poste in essere dopo il compimento della prestazione resa.
Tale l’articolato principio dettato dalla Cassazione nella sentenza 146/18 (depositata il 5 gennaio scorso) a seguito del ricorso di un imprenditore-datore di lavoro, esecutore di lavori su pali elettrici per conto dell’Enel.
L’incidente che aveva causato l’infortunio al lavoratore ricorrente era stato determinato dalla caduta di quest’ultimo dalla scala che, dopo la regolare fase lavorativa, era stata instabilmente appoggiata ad un albero. I giudici di merito respingevano la richiesta risarcitoria del lavoratore in quanto questi era venuto meno all’obbligo – su di lui gravante – di fornire in corso di causa, ai sensi dell’articolo 2087 del Codice civile, la prova del fatto costituente l’inadempimento della società datrice di lavoro e della correlazione causale di tale inadempimento con l’infortunio subito.
Si evidenzia che l’articolo 2087 si qualifica come norma di chiusura del sistema antinfortunistico riguardante situazioni e ipotesi non ancora espressamente codificate dal legislatore, per cui impone al datore di lavoro l’obbligo di tutelare comunque l’integrità psicofisica dei dipendenti con l’adozione non solo di misure di tipo igienico sanitario o antinfortunistico, ma anche atte, secondo comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla sua lesione nell’ambiente o durante il lavoro, in relazione agli eventi anche se non collegati direttamente ad esso.
L’articolo 2087, peraltro, non può configurare un’ipotesi di responsabilità oggettiva, atteso che la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi imposti dalle norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche note al momento. Pertanto, il lavoratore che lamenti di aver subito un danno da infortunio sul lavoro oltre a provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, deve provare l’esistenza del danno e il nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione. A sua volta il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all'obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno
Ciò premesso, considerato che nel caso in esame il lavoratore infortunato rivestiva la qualifica di capo-operaio, che la prestazione eseguita non era prevista dal programma di lavoro e che tuttavia il cantiere era dotato dell’attrezzatura necessaria all’esecuzione della prestazione che ha dato corso all’infortunio in sicurezza, la Cassazione, in applicazione del principio in premessa, ha ritenuto che il datore di lavoro non è incorso nella responsabilità di cui all’articolo 2087 del Codice civile.
La sentenza n. 146/18 della Corte di cassazione