Contenzioso

Non si può restituire la contribuzione volontaria usata per raggiungere il diritto ma non per determinare l’importo della pensione

immagine non disponibile

di Silvano Imbriaci

La questione affrontata nella sentenza 12332/2016 della Corte di cassazione riguarda la possibilità di chiedere la restituzione di contribuzione versata volontariamente (su domanda accolta dall'Inps) quando la stessa non risulti essere stata utilizzata dall'ente previdenziale nel calcolo e nella erogazione del trattamento pensionistico.

Nel caso specifico l'Inps aveva comunicato che i contributi volontari avrebbero abbassato la quota di retribuzione media settimanale sulla base della quale era stato erogato l'importo finale della pensione (tuttavia precisando che, ai fini del conteggio dei contributi utilizzati, erano rientrati sia i contributi obbligatori che i versamenti volontari).

La tesi della Cassazione sul punto è chiara. L'ordinamento pensionistico non è ispirato a un criterio “assicurativo” di piena corrispondenza tra prestazioni e contribuzione versata, essendo sufficiente che, per effetto della copertura assicurativa comunque realizzata, al lavoratore siano attribuite determinate prestazioni previdenziali, indipendentemente dal fatto che una parte della contribuzione (di qualunque tipo essa sia) una volta che l'assicurato abbia raggiunto il requisito contributivo minimo, non sia considerata (è il principio di solidarietà, previsto dall'articolo 38 della Costituzione).

Del resto anche la Corte costituzionale ha, in più riprese, escluso l'illegittimità costituzionale di quelle norme che non consentono la ripetizione (restituzione) della contribuzione versata che non abbia portato alcun beneficio effettivo all'assicurato (si veda, per esempio, la sentenza 307/1989, con riferimento all'articolo 10 del Dpr 1432/1971, norma che non consente la ripetizione dei contributi volontari divenuti indebiti perché non utilizzati, né utilizzabili nel calcolo della retribuzione pensionabile e dell'anzianità contributiva).

Il rimborso dei contributi versati, infatti, può essere autorizzato quando sia esclusa in radice la possibilità di una loro utilizzazione ai fini del conseguimento dell'utilità cui sono destinati, come nell'ipotesi di versamento in ritardo o di versamento contra legem, o per periodi già sufficientemente coperti da contribuzione effettiva o figurativa. In questo caso si parla di “versamenti indebiti”, in quanto effettuati erroneamente e in spregio alla normativa vigente.

Così non è nel caso di versamenti volontari debitamente autorizzato dall'ente previdenziale, in base a una libera scelta - anche di convenienza- da parte dell'interessato, con l'idea di poter utilizzare tali versamenti ai fini del conseguimento del trattamento pensionistico. Solo in sede di calcolo, quando sono stati posti a confronto gli effetti dei due tipi di contribuzione, si è potuto constatare la maggior convenienza nell'utilizzazione di contribuzione da lavoro dipendente, anche per effetto di un quadro normativo nel frattempo mutato.

Insomma, non si rientra nella situazione affatto diversa di prosecuzione volontaria nell'assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstitit da parte del lavoratore dipendente che abbia già conseguito in costanza di rapporto di lavoro la prescritta anzianità assicurativa e contributiva. In tal caso la pensione liquidata non potrebbe essere inferiore a quella che sarebbe spettata al raggiungimento dell'età pensionabile sulla base della sola contribuzione obbligatoria (e infatti la Corte costituzionale, con la sentenza 307/1989, ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 3 della legge 297/1982 nella parte in cui non prevede tale regola di giustizia).

Nel caso in esame, invece, la contribuzione era stata considerata nella sua dimensione complessiva: l'Inps aveva considerato i contributi volontari ai fini del riconoscimento della maturazione del diritto, anche se non aveva ritenuto (nell'interesse dell'assicurato) opportuno utilizzare tale contribuzione al fine di evitare che il ricorrente subisse una decurtazione economica in sede di quantificazione del relativo trattamento.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©