Previdenza

Opzione donna, rispunta la proroga senza variabile figli

Nodo coperture e rischi di incostituzionalità sull’annunciato restyling

di Marco Rogari

Un confronto prolungato con tanto di tempi supplementari. È quello che è proseguito fino a ieri sera nel governo sul prolungamento di Opzione di donna. Che, al momento del varo della manovra non ancora arrivata in Parlamento, era stato annunciato dall’esecutivo Meloni in una versione che vincola la soglia anagrafica di uscita anticipata di tutte le lavoratrici al numero dei figli: uscite a 58 anni con almeno due, a 59 con uno solo e a 60 senza ”prole”. Ma con il trascorrere dei giorni ha preso forza l’ipotesi di ricorrere a una proroga secca, senza modifiche, come aveva fatto lo scorso anno l’esecutivo Draghi. Con questa soluzione, che sembra non dispiacere al ministero del Lavoro ma che fino a ieri sera non aveva però ancora ottenuto il decisivo via libera del ministero dell’Economia, resterebbe invariato l’attuale meccanismo che prevede la possibilità di pensionamento anticipato, con il ricalcolo contributivo dell’assegno, una volta raggiunti i 58 anni (59 per le lavoratrici autonome) e i 35 anni di versamenti.

A spingere in extremis sul tavolo del Mef l’opzione della ”proroga secca” sono state anche le perplessità subito manifestate da una parte delle stesse lavoratrici sul restyling annunciato dal governo Meloni. Sul nuovo schema è stato anche sollevato più di un dubbio sul rischio di incostituzionalità perché una distinzione tra lavoratrici con e senza figli potrebbe portare a sollevare la violazione del principio di uguaglianza.

Ma la riflessione prolungata deriverebbe anche dalla variabile ”risorse”. La correzione del “dispositivo”, inserendo il criterio dei figli, sarebbe nata in origine per restringere la platea e ottenere risparmi, che però alla fine non sarebbero risultati così significativi. Il nuovo schema con la soglia anagrafica modulata sul numero dei figli costerebbe 166 milioni nel 2023 e 464 milioni l'anno successivo. Lo scorso anno l’onere della proroga di Opzione donna nella configurazione ancora attualmente in vigore, che era stata decisa dall’esecutivo Draghi, era stato stimato in 111,2 milioni per il primo anno (2022), 317,3 per il 2023 e 499,7 milioni per il 2024. Anche per questa serie di motivi, ma non solo, al ministero del Lavoro non è stata mai esclusa la possibilità di convergere sul prolungamento di un anno dell’attuale meccanismo, lasciando naturalmente al Mef la parola finale soprattutto in tema di copertura.

Di fronte al profilarsi di una marcia indietro del governo, le opposizioni sono andate all’attacco. Il Pd ha definito il meccanismo con i figli una norma «discriminatoria» e ha espresso soddisfazione per il passo indietro, mentre il M5S ha parlato di una misura dal «deciso sapore di Ventennio che si è infranta di fronte alla Costituzione».

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