Per gli autonomi indennità legata al calo di fatturato
Indennità a fronte del calo di fatturato o di cessazione dell’attività. La bozza di riforma degli ammortizzatori sociali si occupa anche dei lavoratori autonomi, intesi come occasionali e i professionisti iscritti alla gestione separata Inps o alle Casse di previdenza privatizzate.
L’indennità da corrispondere per la riduzione del fatturato sarebbe alimentata con una contribuzione basata su aliquote progressive in relazione al reddito professionale conseguito nel triennio precedente (escluso però chi applica il regime forfettario).
L’importo della prestazione dovrebbe essere correlato alla diminuzione del fatturato, comunque superiore a un terzo, rispetto alla media del triennio precedente. Dall’aiuto sarebbero esclusi i titolari di reddito complessivo, non solo professionale, superiore a una determinata soglia, che potrebbbe essere fissata a 35mila euro. Il parametro economico sarebbe poi rafforzato da un valore di Isee da individuare e da regole per evitare che risulti destinatario dell’aiuto anche chi riduce le entrate perché raggiunto da provvedimenti disciplinari o giudiziari, e con misure ad hoc per i neoprofessionisti delle Casse, per i quali non si può calcolare la riduzione rispetto agli anni precedenti.
Inoltre, in caso di cessazione dell’attività professionale, gli iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps riceverebbero un’indennità parametrata alla media dei compensi mensili e con le stesse caratteristiche previste per i lavoratori dipendenti che perdono l’impiego. Per gli iscritti alle Casse, invece, potrebbe venire erogata un’indennità una tantum correlata ai contributi versati nei due anni precedenti. Da definire la parte contributiva correlata a queste prestazioni.
Misure che destano qualche perplessità tra i potenziali beneficiari. In via generale Andrea Dili, coordinatore dell’assemblea dei presidenti regionali di Confprofessioni, osserva che non è stata tenuta in considerazione la proposta di legge licenziata recentemente dal Cnel, elaborata con le parti sociali sulla base delle caratteristiche dei lavoratori autonomi. Nel dettaglio, «la parametrazione dell’indennità sul calo di fatturato e non di reddito è tecnicamente sbagliata perché ci sono professioni con spese più elevate e altre più basse». Troppo alta, inoltre, la soglia di 35mila euro, dato che buona parte dei potenziali beneficiari si aggira sui 20mila euro di reddito, tant’è che nella proposta licenziata dal Cnel l’asticella è sotto i 10mila euro. Poco comprensibile la «contribuzione con aliquota progressiva in base al reddito perché si tratta di una misura assistenziale e non con finalità redistributive e tra i forfettari, che sono esclusi, ci potrebbe essere chi guadagna più di chi è obbligato a versare». Infine, rispetto alla proposta del Cnel, manca la parte di formazione professionale, collegata all’ammortizzatore, per ricollocarsi sul mercato.
«Attendiamo di conoscere i dettagli della proposta – commenta Alberto Oliveti, presidente dell’Adepp (Casse di previdenza) –. Le Casse private sono e restano autonome e hanno mostrato la loro efficienza anche quando si è trattato di distribuire aiuti statali, anticipandoli con risorse proprie come nel caso degli indennizzi Covid. Se lo Stato pensa dunque di finanziare sacrosante protezioni sociali per i professionisti, noi di certo siamo in grado di gestirle. Sicuramente non possiamo accettare una norma che ci obblighi a pagare prestazioni senza copertura o tramite una contribuzione figurativa. Pena la nostra autonomia e la nostra sostenibilità. L’unica via è la fiscalità di scopo».