Il CommentoPrevidenza

Perché investire in un fondo pensione

L’approfondimento è tratto da Modulo24 Pensioni e Previdenza

Premessa

Lo sviluppo della previdenza complementare si è affermato come obbligata conseguenza delle riforme del sistema pensionistico pubblico avviate negli anni novanta.

La riduzione del tasso di sostituzione tra assegno pensionistico ed ultimo reddito è il risultato di un percorso riformistico iniziato con l’introduzione del metodo di calcolo contributivo ad opera della Riforma Dini che ha trovato il suo epilogo nella Riforma Monti Fornero. In risposta al bisogno crescente di colmare quel gap previdenziale mediante strumenti di previdenza privati sono nati i fondi pensione, quali forme di previdenza per l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio con lo scopo di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale, in ossequio al dettato normativo di cui all’art.1 del D.Lgs 252/2005.

È riconosciuta ormai da tempo, in primis grazie alla sentenza della Corte costituzionale n. 393 del 2000, l’esistenza di «un collegamento funzionale tra previdenza obbligatoria e previdenza complementare», idonea a collocare «quest’ultima nel sistema dell’art. 38, secondo comma, Cost.».

Comprendere che il fondo pensione mira a soddisfare primarie esigenze sociali di welfare ed ad attuare il diritto costituzionale del cittadino a maturare prestazioni previdenziali, consente di capire le motivazioni per le quali il legislatore ha costruito un impianto normativo di enorme favore per l’aderente, sia in termini di finanziamento della posizione di previdenza complementare che sul versante delle agevolazioni fiscali riservate a questa forma privilegiata di risparmio previdenziale.

Versamenti e deducibilità della contribuzione

La contribuzione che si versa al fondo pensione è deducibile dal reddito dichiarato ai fini Irpef entro il plafond annuale di 5.164,57 euro (è prevista una maggiorazione per soggetti di prima occupazione successiva al gennaio 2007). Il meccanismo della deduzione comporta un risparmio fiscale pari all’aliquota Irpef più elevata applicata al proprio reddito. Tale importo dedotto in corso d’anno sarà tassato in fase di liquidazione con la tassazione agevolata tipica delle forme di previdenza complementare. La parte di contributi non dedotta sarà invece comunicata al fondo al fine di evitare una doppia imposizione.

Per aderenti che siano lavoratori subordinati o parasubordinati l’adesione collettiva ai fondi pensione consente il vantaggio della spettanza della contribuzione datoriale aggiuntiva nella misura minima stabilita dalle fonti istitutive di fondi negoziali o di fondi aperti ad adesione collettiva. In tali casi non optare per l’adesione o aderire al fondo con il solo Tfr significa rinunciare ad una voce contributiva datoriale cui si ha diritto e che nel lungo periodo può rappresentare una perdita sostanziale per una scelta non oculata di cui pentirsi.

Per i lavoratori dipendenti la voce di finanziamento più importante è senz’altro costituita dal Tfr che può essere versato con modalità esplicite ovvero nelle forme del silenzio assenso ove nel primo semestre decorrente dall’assunzione non venga effettuata alcuna scelta in ordine alla destinazione del Tfr potendo scegliere tra lasciare il Tfr in azienda (Fondo Tesoreria per aziende con almeno 50 addetti) o conferirlo a forme di previdenza complementare. La scelta di destinare il Tfr al fondo pensione comporta il vantaggio di scontare una tassazione più favorevole in fase di liquidazione, visto che il regime fiscale delle prestazioni del fondo prevede importanti agevolazioni.

Cenni al regime fiscale delle prestazioni

In particolare, con riferimento al montante maturato nel fondo pensione a decorrere dal gennaio 2007 la tassazione prevista per le prestazioni consiste nella tassazione sostitutiva con aliquota del 15% che può ridursi, in base agli anni di partecipazione alla previdenza complementare, fino ad un minimo del 9%. Questa speciale tassazione di favore riguarda diverse fattispecie di liquidazione e cioè: anticipazioni per spese sanitarie, riscatti per lunga inoccupazione, riscatto per invalidità, premorienza, prestazioni pensionistiche e RITA (rendita integrativa temporanea anticipata). Tutte le altre forme di liquidazione prevedono sul montante post 2007 la tassazione sostitutive del 23% che corrisponde all’aliquota Irpef più bassa e alla tassazione minima che il Tfr riceve in azienda. Il montante precedente al 2007 soggiace invece ai regimi fiscali vigenti pro tempore (quindi tassazione separata per prestazioni in capitale).

Risultati di gestione

Oltre ai vantaggi fiscali è utile interrogarsi sulle modalità di gestione delle risorse e sulle scelte in termini di investimento. A tal fine in fase di adesione viene sottoposto un questionario di autovalutazione che orienta l’aderente circa le scelte delle linee di investimento. Trattandosi di risparmio di lungo periodo la scelta di investimento gioca un ruolo determinante in termini di risultato delle prestazioni attese. Scegliere un comparto apparentemente più rischioso nel lungo periodo consente incrementi maggiori del montante accumulato rispetto a gestioni obbligazionarie. La normativa in generale prevede limiti agli investimenti serrati e presidi di governance per un controllo costante sulla gestione sempre nell’ottica di tutelare gli aderenti e i beneficiari delle prestazioni. Il risultato è che i rendimenti dei fondi pensione, specie nei comparti a maggior componente azionaria, hanno sempre battuto nel lungo periodo la rivalutazione del Tfr lasciato in azienda.

Diritti ante pensionamento

Oltre alle prestazioni pensionistiche complementari al regime obbligatorio, erogate alla maturazione dei requisiti pensionistici di base, il fondo pensione offre una vasta gamma di erogazioni anticipate che lo rendono uno strumento eclettico di sostegno al reddito e ammortizzatore sociale anche in una fase antecedente il pensionamento.

I diritti ante pensionamento esercitabili nel corso della partecipazione al sistema di previdenza complementare si sostanziano innanzitutto nelle anticipazioni, disciplinate oggi all’art 11, comma 7 e ss., del D.Lgs 252/2005.

Le condizioni rispetto alle quali è possibile richiedere anticipazioni del fondo pensione riproducono tendenzialmente le medesime causali previste all’art. 2120 c.c. per il Tfr, distinguendosi in anticipazioni per spese sanitarie richiedibili i qualsiasi momento per iscritto, coniuge o figli nella misura massima del 75% del montante accumulato, acquisto e ristrutturazione della prima casa per sè e per i figli richiedibili dopo 8 anni di partecipazione al sistema di previdenza complementare sempre nella misura massima del 75% e ulteriori esigenze nella misura massima del 30% anche in tal caso occorrono 8 anni di partecipazione al sistema di previdenza complementare.

Pur trattandosi di fattispecie che evocano la disciplina del Tfr, la normativa che regola l’accesso al capitale previdenziale del fondo pensione prescinde totalmente dalla legislazione afferente il Tfr, soggiacendo unicamente alla normativa di settore dettata dal D.Lgs 252/2005 [1].

Il Tfr, una volta destinato alla previdenza complementare, perde la sua natura di retribuzione differita per tramutarsi in una delle voci contributive che alimentano la posizione individuale del fondo pensione.

Pertanto, qualora il Tfr sia destinato al fondo pensione, l’anticipazione delle relative somme non è più richiesta al datore di lavoro ma alla forma pensionistica integrativa di attuale iscrizione e deve rispettare le regole dettate dalla disciplina specialistica e gli orientamenti forniti dall’Autorità di vigilanza sui fondi pensione (Covip).

Ciò significa che il Tfr versato al fondo pensione, così come la posizione complessivamente intesa, in fase di accumulo è intangibile restando sottratto alla libera disponibilità dei creditori. Solo le prestazioni, successivamente alla richiesta di liquidazione, sono cedibili, sequestrabili e pignorabili nei limiti previsti dall’art. 11 comma 10 del d.lgs 252/2005: pertanto le anticipazioni per spese sanitarie, la RITA e le prestazioni pensionistiche sono cedibili, sequestrabili e pignorabili nei limiti di un quinto, come la pensione di base, mentre le anticipazioni per cause diverse dalle spese sanitarie e i riscatti ante pensionamento sono interamente cedibili, sequestrabili e pignorabili.

Oltre alle anticipazioni le fattispecie di riscatto in capitale ammesse dalla normativa sono svariate e si distinguono per la condizione legittimante e per la fiscalità applicata. Una delle principali remore nel devolvere il Tfr al fondo pensione è l’errata convinzione di potere accedere al capitale accumulato solo al momento del pensionamento. In realtà le casistiche di erogazione sono plurime e consentono la liquidazione del capitale versato anche in occasione della cessazione del lavoro, recuperando la funzione di sostegno al reddito in caso di perdita del lavoro tipica del trattamento di fine rapporto. Infatti, in caso di “perdita dei requisiti” è consentito il riscatto immediato ex art. 14, comma 5, del D.Lgs 252/2005. Tale fattispecie di riscatto fino al 2017 è stata appannaggio esclusivo delle adesioni collettive (adesioni a fondi negoziali o a fondi aperti in presenza di accordo con la parte datoriale). Per effetto della legge per il mercato e la concorrenza n.124 del 2017, la suddetta causale di riscatto è stata estesa anche alle adesioni individuali (a fondi aperti o a piani individuali pensionistici) con o senza Tfr. In presenza di condizioni di particolare disagio che possono riguardare l’aderente nel corso della partecipazione al fondo pensione, il legislatore prevede una tassazione agevolata dei riscatti e ciò si realizza in caso di riscatto totale per invalidità, riscatto per lunga inoccupazione (superiore a 48 mesi) e riscatto per premorienza esercitabile da eredi o soggetti appositamente designati. La tassazione agevolata è prevista anche in caso di riscatto parziale (nella misura del 50%).

Altri diritti esercitabili nel corso della partecipazione al sistema di previdenza complementare, diversi dalla liquidazione delle somme accumulate, riguardano la possibilità di cambiare la linea di investimento all’interno del medesimo fondo, nel caso in cui lo stesso offra una pluralità di comparti (c.d. switch), nonché la portabilità della posizione previdenziale da un fondo pensione all’altro. Il diritto al trasferimento [2], esercitabile in caso di cessazione del lavoro o liberamente decorsi due anni di iscrizione al fondo cedente, è un connotato fondamentale del sistema di previdenza integrativa ammesso dal legislatore allo scopo di creare un secondo pilastro del sistema previdenziale che sia il più possibile concorrenziale e induca ciascun fondo a ridurre i costi, massimizzare i rendimenti di gestione e ad aumentare di conseguenza il livello delle prestazioni erogabili.

Rendita integrativa temporanea anticipata (RITA)

Altra forma di liquidazione della posizione previdenziale è rappresentata dalla rendita integrativa temporanea anticipata (RITA).

La RITA è l’unica forma di liquidazione della previdenza complementare che neutralizza il principio del pro rata temporis nella fiscalità applicata, visto che tutto il montante dedicato alla RITA è sottoposto alla ritenuta a titolo di imposta del 15/9% a prescindere dal periodo di maturazione (mentre normalmente tale regime più vantaggioso riguarda unicamente il montante post gennaio 2007).

La disciplina della RITA è dettata dall’art. 11, comma 4, del D.Lgs 252/2005 e prevede che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, con 20 anni di contributi accumulati presso il regime obbligatorio di appartenenza, tale prestazione possa essere erogata con un anticipo massimo di 5 anni rispetto alla maturazione dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia nel proprio regime pensionistico di primo pilastro. Inoltre, al comma 4-bis del medesimo art.11, è prevista la possibilità, per il soggetto che risulti inoccupato da più di 24 mesi, di accedere alla medesima prestazione con un anticipo massimo di 10 anni rispetto al requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia.

La rendita integrativa temporanea anticipata consiste, in particolare, nell’erogazione frazionata del montante accumulato richiesto (potendo riguardare la totalità della posizione maturata o una sua parte) e prevede una liquidazione in rate con periodicità al massimo trimestrali dal momento dell’accettazione della richiesta da parte del fondo pensione fino alla maturazione dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza. Trattandosi di erogazione frazionata, anche minima, lo smobilizzo delle somme non può avvenire in un’unica soluzione; pertanto, la richiesta della RITA deve essere presentata al fondo in un tempo congruo a consentire l’erogazione almeno in due rate, come precisato da Covip nella recente circolare n. 4209 del 17 settembre 2020. La medesima circolare Covip ha chiarito inoltre l’assenza di una incompatibilità tra la richiesta della RITA e l’accesso alla pensione anticipata (es. quota 100, opzione donna, quota 41 per precoci, ecc…) nel regime obbligatorio di appartenenza; analogamente Covip ha escluso che la ripresa del lavoro possa determinare una interruzione dell’erogazione della RITA da parte del fondo pensione.

Pertanto, sebbene la ratio legis che ha assistito l’origine della recente normativa sulla RITA fosse quella di fornire un sostegno al reddito che creasse un ponte previdenziale per gli aderenti tra il momento della cessazione dell’attività ed il pensionamento, di fatto il dato normativo si presta ad offrire soluzioni svariate e di enorme vantaggio anche ad iscritti che godono già del pensionamento di primo pilastro in via anticipata o che riprendono, successivamente alla richiesta, un’attività lavorativa.

Prestazioni al pensionamento

Una volta maturato il diritto al pensionamento nell’ambito del regime obbligatorio di appartenenza ove si siano maturati almeno 5 anni di partecipazione al sistema di previdenza complementare (3 per aderenti che si spostano in altri stai UE) è possibile accedere alle prestazioni pensionistiche di previdenza complementare. La prestazione è erogata in capitale fino al 50% del montante finale accumulato e per la restante parte in rendita. L’obbligo di convertire in rendita almeno la metà del montante finale prevede tuttavia due eccezioni. E’ possibile infatti ottenere l’intera prestazione in capitale qualora convertendo almeno il 70% del montante finale si ottenga una rendita inferiore alla metà del valore dell’assegno sociale; in tal caso l’importo esiguo della rendita vitalizia giustifica l’erogazione della prestazione interamente in capitale. Altra eccezione riguarda i c.d. “vecchi iscritti” vale a dire soggetti che hanno aderito a forme di previdenza complementare in data antecedente il 28 aprile 1993 i quali possono optare per l’intera prestazione in capitale accettando in tal caso un aggravio della tassazione applicata poiché in tal caso anche sul montante post 2007 troverà applicazione il regime applicato al montante ante 2007 (tassazione separata in luogo della tassazione sostitutiva). La tipologia di rendita cui il beneficiario della prestazione può avere accesso dipende normalmente dalle convenzioni stipulate dai fondi pensione con la compagnia di assicurazione erogante (la maggior parte dei fondi negoziali eroga rendita per il tramite di compagnie). L’elenco delle opzioni di rendita attivabile è contenuto all’interno del Documento sulle rendite che ogni fondo è tenuto a pubblicare nell’ambito del sito web istituzionale.

Conclusioni

La consapevolezza dell’efficacia dello strumento fondo pensione passa necessariamente da un’adeguata informazione e dalla diffusione della cultura previdenziale che Mefop da sempre promuove. Inoltre, grazie agli interventi della Covip in materia di trasparenza il sistema si è evoluto garantendo agli iscritti una più efficace e tempestiva interazione con il fondo pensione di iscrizione anche tramite strumenti telematici come l’area riservata del sito web che consente all’iscritto di monitorare, il più delle volte con estrema soddisfazione, l’evoluzione della posizione previdenziale in qualunque momento.

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[1] Ai dipendenti pubblici che aderiscono ai rispettivi fondi di categoria si applica il previgente D.Lgs 124/1993 (cfr art. 23, comma 6, del D.Lgs 252/2005)

[2] Mefop ha promosso l’elaborazione di Linee guida per favorire la gestione dei trasferimenti tra fondi pensione sottoscritte il 24 aprile 2008, presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale da tutte le associazioni rappresentative delle forme pensionistiche complementari: https://www.mefop.it/autoregolazione-trasferimenti