Premi Inail, variazione solo dopo la notifica
La Cassazione, con la sentenza 10113/2022 del 29 marzo scorso, torna a pronunciarsi su un tema caro ai datori di lavoro: la decorrenza degli effetti dei provvedimenti di variazione adottati dall’Inail, da cui possono derivare maggiori somme da versare all’Istituto. Ciò, a maggior ragione, quando queste somme non siano richieste solo per il futuro ma anche, come nel caso in esame, retroattivamente. Che la variazione consegua a un’iniziativa datoriale o sia disposta d’ufficio dall’Inail, la decorrenza degli effetti della nuova classifica delle lavorazioni o dell’inquadramento in una diversa gestione tariffaria al fine della determinazione dei premi dipende dall’esattezza delle dichiarazioni sulla propria attività che il datore è tenuto a fare all’Inail.
La Corte di legittimità afferma che il rapporto assicurativo con l’Inail è regolato essenzialmente dall’iniziale denuncia di esercizio, che descrive le lavorazioni, e da eventuali successive denunce di variazione, anche quando, come nel caso esaminato, l’Inps dal canto suo abbia modificato l’inquadramento e l’Inail ne abbia di fatto avuto contezza solo anni dopo, in occasione di una propria ispezione. Secondo l’istituto assicuratore i maggiori premi determinati dal passaggio dalla gestione terziario a quella industria erano dovuti sin dal momento in cui l’Inps, su istanza del datore e senza che questi ne avesse portato a conoscenza l’Inail, aveva modificato l’inquadramento. La Cassazione, richiamando anche propri precedenti sul tema, ha invece stabilito che la decorrenza con la quale la società avrebbe dovuto versare i maggiori premi doveva essere successiva alla notifica del provvedimento di variazione adottato dall’Inail a seguito d’ispezione. Ciò in applicazione del principio generale di irretroattività della legge e in coerenza con altre norme regolamentari, in particolare le cosiddette “Modalità di applicazione delle tariffe dei premi”, approvate con il Dm 38 del 12 dicembre 2000, secondo le quali gli effetti della variazione si producono dal primo giorno del mese successivo alla sua notifica, salvo che l’errato inquadramento o classificazione siano imputabili all’imprenditore. Rileva la Corte di legittimità che nel caso esaminato l’errato inquadramento non era dipeso dal datore di lavoro, giacché questi, all’opposto, aveva sempre descritto esattamente la propria attività imprenditoriale e la lavorazione effettivamente esercitata, rimasta pacificamente immutata nel tempo, fin dalla primitiva denuncia di esercizio rivolta all’Inail.
Diverso dal caso esaminato dalla Cassazione è invece quello in cui un’errata dichiarazione del datore avesse determinato il versamento di premi in misura minore al dovuto, così come l’opposto (non infrequente) caso in cui una esatta dichiarazione datoriale, male interpretata dall’Inail, avesse determinato maggiori premi a carico rispetto a quelli dovuti. In tali evenienze, infatti, la decorrenza sarebbe stata retroattiva, nei limiti del regime di prescrizione applicabile: quinquennale nel primo caso, a favore dell’Inail, decennale nel secondo, a favore del datore.
La sentenza 10113/2022 della Corte di cassazione