Premio di risultato, gli accordi iniziano a conquistare le Pmi
L’accordo Confindustria-sindacati del 14 luglio 2016 per sviluppare la cultura del “premio di risultato” (collegato a incrementi di produttività) anche nelle imprese di minori dimensioni sta dando i primi frutti: degli 11.539 contratti di secondo livello attivi, 2.053 sono legati ad accordi territoriali (siamo intorno al 18%). Un risultato tut’altro che disprezzabile visto che, storicamente, questa forma di contrattazione intercetta essenzialmente aziende prive di rappresentanze sindacali e ha sempre avuto numeri piuttosto bassi, quasi marginali. Le restanti 9.486 dichiarazioni depositate presso il ministero del Lavoro sono riferite invece a contratti aziendali.
Piccoli passi avanti anche sul fronte “partecipazione”: 1.588 rapporti dei complessivi 11.539 contratti di secondo livello vigenti quest’anno prevedono infatti forme “paritetiche” di organizzazione del lavoro (qui la “manovrina” 2017 ha introdotto un incentivo ad hoc per le imprese, la riduzione di venti punti percentuali dell’aliquota contributiva su una quota delle erogazioni premiali non superiore a 800 euro - resta confermata, per i lavoratori la cedolare secca del 10% fino a 3mila euro di somme incentivanti).
I dati, al 14 luglio 2017, sui premi di produttività pubblicati ieri dal ministero del Lavoro confermano una certa “vitalità” della contrattazione di prossimità: dall’avvio della procedura per il deposito telematico dei contratti aziendali e territoriali si contano già 24.091 moduli inoltrati (viene coinvolta una platea di circa 5 milioni di dipendenti italiani). Degli 11.539 contratti attivi, poi, ben 9.072 si propongono di raggiungere obiettivi di produttività, 6.581 di redditività, 5.559 di qualità, 3.414, inoltre, prevedono misure di welfare aziendale, e 1.588, come detto, un piano di partecipazione.
«Queste prime rilevazioni lasciano intravedere come attraverso i premi di risultato si possa articolare una contrattazione più partecipativa, capace di legare salari a produttività con diretto vantaggio per la competitività aziendale - ha commentato Pierangelo Albini, direttore dell'Area Lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria -. In quest’ottica si muove l’accordo del 14 luglio 2016 e i risultati iniziano a manifestarsi» (con la crescita dei contratti territoriali).
Certo, resta ampio il divario Nord-Sud: la stragrande maggioranza dei contratti di secondo livello è in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte. Il Mezzogiorno resta al palo (in Calabria si contano appena 61 contratti).
«I governi Renzi e Gentiloni hanno scommesso forte sui premi di produttività - ha detto Marco Leonardi, a capo del team economico di palazzo Chigi -. L’obiettivo, ora, è allargare la platea di aziende e lavoratori interessati al salario variabile. Perciò abbiamo incentivato le forme di partecipazione. Una fotografia precisa la avremo a breve quando il ministero del Lavoro pubblicherà un rapporto completo sui contratti di secondo livello, evidenziando best practice e singole clausole contrattuali».