Contrattazione

Proroghe e rinnovi con causale solo se si superano i dodici mesi

Eliminato l’obbligo che oggi scatta già dopo la scadenza del primo contratto. Per la nuova soglia temporale si calcolano solo i contratti stipulati dopo il 5 maggio 2023

di Giampiero Falasca

Con gli emendamenti approvati dalla decima commissione del Senato, vengono introdotte nel decreto Lavoro (48/2023) alcune novità importanti in materia di contratto a termine e somministrazione.

La prima e più rilevante riguarda la disciplina dei rinnovi dei contratti a tempo determinato (sia diretti, sia a scopo di somministrazione), che viene equiparata a quella delle proroghe. Secondo la normativa ancora oggi vigente, l’obbligo di indicare la causale sussiste in due casi distinti:

1) per la proroga (l’atto che interviene quando ancora il precedente contratto non è scaduto) quando la prosecuzione del rapporto determina il superamento dei dodici mesi di durata complessiva;

2) per il rinnovo (l’accordo che interviene dopo la scadenza del precedente contratto), invece, l’obbligo di indicare la causale sussiste da subito, a prescindere dalla durata complessiva dei rapporti coinvolti.

Con la modifica votata in commissione, anche per i rinnovi si introduce una soglia temporale: la causale serve solo quando la sommatoria dei rapporti determina il superamento dei 12 mesi di durata complessiva. Una semplificazione importante per i datori di lavoro, che potranno gestire in modo più flessibile i rapporti nella fase iniziale.

Negli emendamenti approvati si rintraccia anche una regola transitoria molto importante: si prevede che, ai fini del computo dei dodici mesi che determinano l’insorgenza dell’obbligo di indicare la causale, vanno considerati i soli contratti stipulati a far data dall’entrata in vigore del decreto legge 48/2023. In concreto, significa che per tutti i rapporti a termine (anche a scopo di somministrazione) il calcolo della soglia dei 12 mesi che fa scattare l’obbligo di giustificare con la causale le proroghe e i rinnovi si devono considerare solo i periodi di lavoro intervenuti dal 5 maggio 2023.

Un altro correttivo importante riguarda solo la somministrazione di manodopera: viene precisato che nel limite quantitativo fissato dalla legge per il ricorso alla somministrazione di manodopera a tempo indeterminato (20% dell’organico assunto direttamente) non si computano i lavoratori somministrati assunti con contratto di lavoro in apprendistato. Una lettura che poteva ricavarsi anche in via interpretativa, ma che trova una conferma importante nella norma di legge.

Sempre in tema di limiti quantitativi, il legislatore precisa che nella soglia di utilizzo della somministrazione a tempo indeterminato non si calcolano i soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati che rientrano nelle categorie individuate da un apposito regolamento comunitario (il 651/2014 del 17 giugno 2014) e specificati con decreto del ministro del Lavoro. Un correttivo opportuno, in quanto ha la finalità di sostenere il reinserimento lavorativo di specifiche categorie e anche coerente sul piano sistematico, se si considera che analoga regola esiste già per la somministrazione a tempo determinato.

Queste innovazioni completano il pacchetto di modifiche contenuto nel decreto Lavoro, che ha riscritto in maniera significativa la disciplina introdotta nella scorsa legislatura con il decreto Dignità.

Sulla base del nuovo provvedimento normativo, il contratto a tempo determinato (sia diretto, sia a scopo di somministrazione) può essere prorogato (e con l’ultima modifica appena descritta, rinnovato) dopo i dodici mesi in presenza dei “casi” individuati dai contratti collettivi siglati da soggetti comparativamente più rappresentativi o, in mancanza, ma solo fino al 30 aprile 2024, per le esigenze definite dal singolo datore di lavoro con il dipendente.

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