Reato di caporalato, la Cassazione interviene sull'applicabilità della confisca
La Cassazione penale fa chiarezza sull'applicazione della confisca al reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. capolarato), previsto dall'art. 603-bis del codice penale.
I chiarimenti nascono dal ricorso proposto contro un'ordinanza del Tribunale che aveva confermato l'applicabilità della confisca (per equivalente), prevista dall'art. 600-septies c.p., in relazione al reato di cui all'art. 603-bis c.p. di cui sopra, della somma corrispondente al vantaggio ottenuto per l'omesso versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dovuti per i singoli lavoratori nel periodo compreso tra il 2012 e dicembre 2016.
Per la Cassazione penale (sez. 4, 3 dicembre 2018, n. 54024) si deve ritenere che il mero dato formale, costituito dal fatto che l'ultima versione dell'articolo 600-septies c.p. sia entrato in vigore in epoca successiva alla introduzione della norma di cui all'articolo 603-bis c.p., non comporti l'automatica applicabilità a tale specifico reato di quella ipotesi di confisca, sulla base del mero richiamo, ivi contenuto, ai "delitti previsti dalla presente sezione", poiché "appare evidente che tale disposizione ha sempre avuto lo scopo di contrastare in maniera più efficace fenomeni di abuso nei confronti dei minori (legati alla prostituzione, alla pornografia o a condotte di violenza sessuale), mediante la previsione di sanzioni aggiuntive per i responsabili di tali specifici delitti, costituite da pene accessorie e dalla confisca di beni costituenti prodotto, prezzo o provento dei reati in questione".
La Cassazione si prodiga in una lettura "sistematica e diacronica" delle norme che hanno introdotto e modificato nel tempo l'art. 600-septies c.p., giungendo a desumere che la confisca in esso prevista non abbia mai riguardato il reato di cui all'articolo 603-bis c.p.
La Cassazione condivide la tesi della parte ricorrente secondo la quale l'espressione "delitti previsti dalla presente sezione" di cui all'art. 600-septies c.p. non può fare riferimento anche al reato di intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera di cui all'art. 603-bis c.p. Infatti, "sulla base di una interpretazione storica e sistematica della norma, della sua ratio e della chiara intenzione del legislatore di circoscrivere la confisca di cui alla norma citata ai delitti finalizzati alla tutela di minori vittime di abusi, non è possibile estendere al reato di cui all'art. 603-bis c.p. la portata applicativa della confisca prevista dall'articolo 600-septies c.p.".
In conclusione, per la Suprema Corte, i beni non potranno essere confiscati a norma dell'art. 600-septies c.p., come erroneamente statuito dal Tribunale, ma solo in ragione della specifica previsione di cui all'art. 603-bis.2 c.p. (confisca obbligatoria), e con esclusivo riferimento ai fatti commessi a decorrere dal 4 novembre 2016, vale a dire dalla data di entrata in vigore di tale ipotesi di confisca, non potendo tale norma sanzionatoria essere applicata retroattivamente, in virtù del principio "nulla poena sine lege" di cui all'art. 25, comma 2 Costituzione e all'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.