Reddito di cittadinanza, per l’azienda bonus-incognita
Il reddito di cittadinanza (Rdc) come politica attiva del lavoro è sostenuto con l’assegno di ricollocazione quale misura obbligatoria per i percettori di Rdc e con la previsione di nuovi bonus per l’assunzione.
Con lo scopo di innescare un circolo virtuoso, l’impianto prevede infatti nuove incentivazioni contributive per i datori di lavoro che assumono beneficiari del reddito, a condizione che provvedano alla pubblicazione dei posti di lavoro vacanti nella nuova piattaforma digitale del Rdc gestita dall’Anpal nell’ambito del Sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, anche attraverso l’attività di intermediazione di un operatore accreditato.
Si cerca così di costruire un sistema informatico nazionale di matching tra domanda e offerta di lavoro, alimentato dal conferimento di “vacancies” da parte delle imprese che consenta anche ai centri per l’impiego di offrire le opportunità lavorative a cui è condizionato il mantenimento del Rdc.
Il disegno complessivo intende quindi attivare diverse leve di incentivazione nei confronti di imprese e operatori per promuovere l’assunzione di beneficiari di Rdc. Non è però immune dal rischio di non raggiungere gli obiettivi prefissati.
Il primo rischio è rappresentato dalla previsione di sgravi solo per le assunzioni a tempo pieno e indeterminato, con esclusione di qualunque altra tipologia contrattuale.
Inoltre, l’ammontare del bonus dipende dal momento in cui avviene l’assunzione, essendo pari alla differenza tra la durata massima del Rdc (18 mensilità) e l'importo già goduto dal beneficiario stesso. In teoria, su un arco temporale di un anno e mezzo, l’esonero contributivo massimo ammonterebbe a 14.040 euro (pari a 780 euro per 18 mesi) solo se l’assunzione avvenisse esattamente nel momento in cui viene riconosciuto il Rdc e per il suo ammontare massimo, per ridursi fino al minimo di 3.900 euro (5 mesi a 780 euro). Da una parte questo décalage ha la giusta finalità di imprimere velocità alle assunzioni dei beneficiari di Rdc; dall’altra potrebbe non produrre gli effetti sperati anche per il fatto che non è prevista alcuna incentivazione per le assunzioni a tempo determinato. Peraltro, non tutti beneficeranno dell’importo massimo previsto di 780 euro, con conseguenti differenze di “vantaggio” tra assunzioni delle diverse classi di percettori di Rdc.
L’intensità di questo rischio può essere desunta dalla stessa potenziale platea dei beneficiari di Rdc, stimata essere composta prevalentemente da disoccupati distanti dal mercato del lavoro, che potrebbero avere particolare bisogno di percorsi di formazione o di riqualificazione propedeutici alla loro assunzione, come affermato dall’Istat nella sua audizione in Commissione lavoro del Senato.
Peraltro, sembra proprio che questa circostanza sia stata presa in considerazione attraverso l’introduzione di un altro bonus all’assunzione sempre a tempo indeterminato, qualora avvenga a seguito di un percorso formativo e di riqualificazione professionale.
In questo caso, però, l’incentivo è ripartito tra il datore di lavoro e l’ente di formazione accreditato, alla duplice condizione che sia stato stipulato un patto di formazione con il beneficiario di Rdc, presso un centro per l’impiego o un soggetto accreditato ai servizi per il lavoro e che la formazione erogata sia coerente con l'attività che andrà a svolgere.
Altri rischi di inefficacia di queste misure sono rappresentati da condizioni che in passato hanno determinato il fallimento di incentivi simili, a partire dal “bonus Letta” del 2013 (sconto sui contributi per 18 mesi), subordinati alla realizzazione di un incremento occupazionale netto del numero di dipendenti a tempo indeterminato e ai limiti del “de minimis”.