Contenzioso

Reintegrazione più facile in caso di violazione dell’obbligo di repêchage

Quadro giuridico mutato dopo l’intervento della Corte costituzionale

di Marcello Bonomo ed Enrico D'Onofrio

Con l'ordinanza 33341/2022, la Cassazione ha accolto il ricorso di un lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo il quale contestava l'applicazione, da parte della Corte di merito, della sola tutela risarcitoria in luogo della reintegrazione, a fronte dell’accertata violazione dell’obbligo di repêchage (ossia la mancata dimostrazione, da parte del datore di lavoro, dell'impossibilità di reimpiego del dipendente).
Sino alla sentenza della Corte costituzionale 125/2022, l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori prevedeva la reintegrazione nel posto di lavoro nelle ipotesi in cui il giudice accertava la «manifesta insussistenza del fatto» posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La Cassazione, con orientamento ormai consolidato, aveva ritenuto che la verifica del requisito della manifesta insussistenza del fatto concernesse entrambi i presupposti di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e, quindi, sia le ragioni inerenti all'attività produttiva, l'organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa, sia l'impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore.

Tale assunto, tuttavia, non conduceva necessariamente alla reintegrazione del posto di lavoro in caso di violazione del repêchage, in quanto restava pur sempre necessario l'accertamento della manifesta insussistenza del fatto e, quindi, la violazione doveva derivare da una carenza probatoria particolarmente qualificata. Al riguardo, infatti, la Corte di legittimità aveva ripetutamente affermato l'applicabilità della sola tutela risarcitoria nel caso di mera insufficienza probatoria in ordine all'adempimento dell'obbligo di repêchage, ove non sussumibile nell'alveo della più grave manifesta insussistenza del fatto (Cass. 181/2019 e Cass.26460/2019). Il quadro così delineato è radicalmente mutato per effetto del recente intervento della Consulta del 19 maggio 2022, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma limitatamente alla parola «manifesta». La Cassazione, prendendone atto, ha accolto il ricorso del lavoratore che chiedeva la reintegra (esclusa dalla Corte di merito sulla scorta di un parametro normativo ormai espunto dall'ordinamento), ordinando un nuovo esame. Ne deriva che, con ogni probabilità, i giudici (non solo quelli investiti di tale controversia) procederanno in futuro alla reintegra del lavoratore in ogni caso di violazione dell'obbligo di repêchage, quindi a prescindere dal grado di carenza probatoria in concreto riscontrata.

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