Contenzioso

Rifiuto del lavoratore di adempiere: quando giustifica il licenziamento?

Recesso illegittimo se il comportamento del dipendente è improntato a buona fede

di Valeria Zeppilli

Il rifiuto del lavoratore di adempiere la propria prestazione attenendosi alle modalità indicate dal datore di lavoro può giustificare il licenziamento per giusta causa, salvo il caso in cui il rifiuto medesimo sia improntato a buona fede. L'assunto, peraltro, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione (sezione lavoro, 12 gennaio 2023, n. 770) vale anche quando i provvedimenti datoriali non seguiti siano illegittimi.
A operare, infatti, è l'articolo 1460 del codice civile e, in particolare, il secondo comma, per il quale la possibilità per la parte adempiente di rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico sussiste solo se il rifiuto, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, non risulti contrario a buona fede.
Occorre insomma valutare gli adempimenti / inadempimenti delle parti tenendo conto della funzione economico-sociale del contratto, dell'incidenza dei diversi comportamenti sull'equilibrio contrattuale, nonché della posizione e degli interessi delle parti. Se quindi l'inadempimento di una parte non è grave o è di non scarsa importanza, il rifiuto dell'altra di adempiere a propria volta all'obbligazione su di essa gravante non può dirsi sorretto da buona fede.
Di certo animato da buona fede, tuttavia, è il caso – come quello di specie – in cui il datore di lavoro non adempia al proprio obbligo di proteggere i dipendenti rispetto ai comportamenti minacciosi di terze persone o che comunque i dipendenti medesimi abbiano percepito come tali secondo un atteggiamento di buona fede. In tal caso, l'inadempimento del dipendente che esegua la prestazione in maniera non conforme alle modalità prescritte dalla parte datoriale deve ritenersi legittimo.
Dal punto di vista delle tutele, si applica l'articolo 18, comma 4, dello statuto dei lavoratori (laddove ancora operante), considerato che, se il comportamento addebitato al lavoratore e alla base di un licenziamento disciplinare consiste nel rifiuto di rendere la prestazione secondo un ordine datoriale illegittimo e, in particolare, in una legittima eccezione di inadempimento, ci si trova di fronte a un'ipotesi di insussistenza del fatto contestato (da non reputarsi illecito). In altre parole, si procederà all'applicazione della tutela reintegratoria attenuata.
Andando più nel dettaglio del contenuto dell'obbligo datoriale inadempiuto nel caso di specie, va rilevato – come fatto dagli stessi giudici – che, se si tratta della sicurezza prescritta dall'articolo 2087 del codice civile, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione va considerato legittimo anche in ragione del fatto che a essere in gioco è il diritto alla salute, di rango costituzionale. Ovviamente, è un rifiuto che non pregiudica neanche il diritto alla retribuzione, posto che al lavoratore non possono derivare conseguenze sfavorevoli in ragione dell'inadempimento del datore di lavoro.

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