Rapporti di lavoro

Sicurezza sul lavoro, le risposte del Ministero

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di Massimo Braghin

Il ministero del Lavoro ha risposto a tre quesiti in materia di sicurezza sul lavoro ai sensi di quanto previsto dall'articolo 12 del Dlgs n. 81/2008.
Il primo, il n. 5/2016 prot. 9731 del 12 maggio 2016 in risposta ad un quesito posto dalla Federazione Nazionale dei Collegi degli Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d'Infanzia (IP.AS.VI.) in merito all'applicabilità del Dlgs n. 81/2008 agli studi professionali infermieristici nel quale veniva richiesto se:
1. gli infermieri associati rientrano nella definizione di “lavoratore”;
2. gli studi professionali a cui gli infermieri sono associati sono considerati “datori di lavoro”;
3. agli infermieri è applicabile l'articolo 21 del decreto in parola;
4. gli infermieri che prestano la loro attività in strutture esterne (Rsa e case di cura) e queste strutture esterne sono datori di lavoro rientrano nel campo di applicazione dell'articolo 26;
5. se tale articolo 26 è fuori causa quando è diretto il rapporto fra lo studio associato e il cliente”.
Le definizioni di lavoratore e datore di lavoro contenute nell'articolo 2, comma 1 lett. a) e b) sono già esaustive per darne una risposta, in quanto viene considerato lavoratore la «persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile…», mentre è datore di lavoro il «soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa». Per i lavoratori autonomi invece è l'articolo 21 a ricordare i doveri a cui è tenuto a seguito delle opere e dei servizi compiuti per effetto di un mandato professionale, mentre l'articolo 26 pone in capo al datore di lavoro committente specifici obblighi di coordinamento nella gestione dei rischi.
Pertanto secondo la Commissione per gli interpelli, gli infermieri associati che svolgono attività professionale «nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato», oppure prestano la propria attività per conto di una società, un'associazione o un ente in qualità di soci lavoratori vanno considerati “lavoratori”, come definiti all'articolo 2, comma 1, lett. a) del Dlgs 81/2008, mentre gli infermieri associati che prestano la propria attività in autonomia e “senza vincolo di subordinazione” nei confronti del committente o dell'associazione andranno assoggettati alla disciplina dettata dall'articolo 21 del d.lgs. n. 81/2008.

Nel secondo interpello, il n. 7/2016 prot. 9737 del 12/05/2016 è la Federazione Sindacale Italiana dei Tecnici e Coordinatori della Sicurezza (Federcoordinatori) a porre un quesito sulle modalità con le quali assicurare l'attuazione degli obblighi in capo al datore di lavoro ai sensi dell'articolo 100, comma 6-bis, del Dlgs n. 81/2008 e in che modo il committente ovvero il responsabile dei lavori «possono assicurare che il datore di lavoro dell'impresa affidataria abbia provveduto a formare adeguatamente: il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 97 del Dlgs n. 81/2008».
In questo caso la Commissione, visti gli obblighi di cui all'articolo 97, comma 3-ter, del Dlgs 81/2008, premettendo che non sono previsti livelli di formazione minima degli addetti all'attuazione del citato art.icolo97, ha ritenuto che sia committente, sia responsabile dei lavori, acquisendo il nominativo del soggetto o i nominativi dei soggetti della propria impresa, con le specifiche mansioni, incaricati per l'assolvimento dei compiti di cui all'articolo 97, dovranno verificarne l'avvenuta specifica formazione con le modalità che riterranno opportune attraverso la richiesta di eventuali attestati di formazione o mediante autocertificazione del datore di lavoro dell'impresa affidataria.
Nel terzo interpello, il n. 9/2016 prot. 9739 del 12 maggio 2016, il quesito è stato proposto da Utilitalia per sapere se, il datore di lavoro possa utilizzare il metodo indicato nel Manuale operativo pubblicato dall'Inail “Il rischio chimico per i lavoratori nei siti contaminati” ai fini della valutazione e della gestione dei rischi da agenti chimici pericolosi presenti a qualsiasi titolo nei siti contaminati e non impiegati in dirette attività di bonifica”.
Premesso che la valutazione dei rischi deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza e che nel documento redatto a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) del Dlgs 81/2008 il datore di lavoro deve indicare le misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, secondo la Commissione il citato manuale operativo “il rischio chimico per i lavoratori nei siti contaminati” può costituire un valido riferimento per la relativa valutazione dei rischi in quanto propone una procedura utile per la valutazione e gestione del rischio chimico ponendo essenzialmente l'attenzione sugli aspetti legati alla salute, fermo restando l'obbligo di valutazione del rischio per la sicurezza.

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