Contenzioso

Società, il 2% all’Enpam su base ampia

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di N.T.

Il contributo integrativo del 2% all’ Enpam , dovuto dalle società di capitali che svolgono attività in regime di accreditamento con il Servizio sanitario nazionale, è commisurato al fatturato annuo relativo alle prestazioni specialistiche effettuate con l’apporto di medici e odontoiatri. La Corte di cassazione ha accolto il ricorso dell’Enpam (sentenza 2005/2017) contro il giudizio emesso dal Tribunale di Roma e confermato dalla Corte d’appello, secondo cui il contributo di solidarietà deve essere commisurato al fatturato della società destinato a remunerare la prestazione di lavoro dei medici e degli odontoiatri.

La norma, sottolinea la Cassazione, fa riferimento al «fatturato annuo» e non ai compensi: la disciplina è dettata dall’articolo 1, comma 39, della legge 243/2004: il fatturato annuo su cui si deve pagare il 2% è quello prodotto dal corrispettivo delle prestazioni specialistiche rese nei confronti del servizio sanitario nazionale dai medici e dagli odontoiatri con le società. Sempre l’articolo 1, comma 39, si preoccupa anche di attribuire a ciascun medico la quota parte della contribuzione di spettanza individuale e specifica, in questo caso, che la società deve indicare i nominativi dei professionisti che hanno partecipato all’attività di produzione di fatturato, «attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale». Questa prescrizione - spiega la Corte - non avrebbe senso se la base di calcolo fosse già costituita dalle fatture emesse dai professionisti a fronte dei compensi ricevuti dalla società. I giudici difendono poi il presupposto del prelievo del 2%: «si è voluto evitare che, attraverso lo schermo della struttura societaria, l’attività di lavoro del medico in regime di libera professione fosse sottratta alla contribuzione previdenziale».

La legge 243/2004 è stata recepita dall’Enpam con delibera del 2005, nell’ambito dell’autonomia gestionale, organizzativa e contabile prevista dal decreto 509/1994 che impone di perseguire e garantire l’equilibrio di bilancio.

La sentenza 2005/17 della Corte di cassazione

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