Somministrazione, non sufficiente la generica indicazione di picchi di intensa attività
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 28285 del 4 novembre 2019, (i) ha stabilito che, per ricorrere alla somministrazione di manodopera, è necessario che siano puntualmente indicati gli elementi di fatto in ossequio dei quali il giudice abbia la possibilità di verificare l'effettività della causale non essendo sufficiente il mero riferimento a "punte di intensa attività" e (ii) ha precisato che il contratto collettivo può ampliare ma non introdurre divieti ulteriori rispetto a quelli enunciati dal comma 5, art. 20, D.Lgs. n. 276/2003.
La vicenda giudiziale trae origine da un ricorso depositato da un lavoratore presso il Tribunale di Pescara avverso la società somministratrice e quella utilizzatrice affinché venisse accertata l'illegittimità dei contratti di somministrazione e di conseguenza (i) l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la società utilizzatrice e (ii) la condanna quest'ultima al pagamento delle retribuzioni maturate dalla cessazione del rapporto, o dall'intervenuta costituzione in mora, fino al ripristino.
La Corte territoriale di primo grado accoglieva integralmente le domande del lavoratore riconoscendo la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la società utilizzatrice, con il superiore inquadramento - livello B del CCNL applicato, quale assistente tecnico - e condannando la società utilizzatrice al pagamento sia delle differenze retributive sia di un'indennità risarcitoria commisurata a 6 mensilità della retribuzione, calcolata sulla base dell'art. 32, comma 5, legge n. 183/2010.
La Corte d'Appello dell'Aquila, invece, riformava la sentenza di primo grado, ritenendo tra l'altro che
– la causale apposta al contratto di assunzione del lavoratore fosse sufficientemente specifica;
– le risultanze istruttorie avevano confermato l'intensificazione dell'attività nel periodo di riferimento;
– non vi era stata una violazione della disciplina collettiva posto che il D. Lgs. n. 276/2003 non demandava alla contrattazione collettiva l'individuazione dei divieti aggiuntivi rispetto a quelli enucleati dall'art. 20 del decreto stesso;
– era sufficiente, così come previsto dall'art. 20, comma 4 D. Lgs. n. 276/2003, la sussistenza di ragioni tecnico produttive organizzative sostitutive ordinarie dell'utilizzatore per giustificare il ricorso alla somministrazione, non essendo necessariamente richiesta che l'attività dedotta in contratto fosse straordinaria ed eccezionale;
– erano da considerarsi legittime proroghe fondate sulla causale originaria del contratto di somministrazione.
Il lavoratore proponeva ricorso per Cassazione sulla base di due motivi: il primo con il quale denunciava la violazione e falsa applicazione dell'art. 20, c. 4, dell'art. 21, c. 1, lett. c) e c. 4 e dell'art. 27, c. 1, D.Lgs. n. 276/2003, il secondo con il quale denunciava la violazione e falsa applicazione del CCNL applicato come integrato dal Protocollo d'Intesa 26.7.2007.
La Suprema Corte accoglieva solo il primo motivo di ricorso, precisando che le ragioni per cui si procede con la somministrazione di manodopera devono essere esplicitate nella loro fattualità, in modo da rendere indiscutibile e palese l'esigenza addotta dall'utilizzatore e il rapporto causale tra la stessa e l'assunzione del singolo lavoratore somministrato.
Ciò in quanto, precisa la Suprema Corte, "è possibile una verifica sulla effettiva sussistenza della causale in quanto questa risulti esplicitata e descritta in maniera specifica e con riferimento ad elementi fattuali suscettibili di riscontro. Non è sufficiente un riferimento sic et simpliciter <alle punte di più intensa attività> che non sia possibile evadere con le risorse normalmente impiegate".
Infatti, vanificherebbe ogni verifica sulla effettività della causale consentire che (i) sia ammessa un'indicazione generica e tautologica della causale o (ii) le causali del contratto di somministrazione a tempo determinato siano in prima istanza taciute, consentendo che siano enunciate a solo a posteriori in ragione della convenienza del momento.
Tali omissioni sarebbero, per di più, indice inequivocabile di frode alla legge o di deviazione causale del contratto, entrambe sanzionate con la nullità.
La sentenza di secondo grado sul punto è quindi stata cassata con rinvio la Corte d'Appello.
Sul secondo motivo di ricorso, la Corte di Cassazione ha sostenuto che alla contrattazione collettiva è demandata la specificazione ed è consentito l'ampliamento delle causali da porre a fondamento di contratti di lavoro somministrato, ma non è consentito alle parti sociali il potere di introdurre divieti ulteriori rispetto a quelli enunciati dal comma 5, art. 20, D.Lgs. n. 276/2003.
In tal modo, la Suprema Corte ha condiviso, dunque, quanto statuito dalla Corte di gravame nella parte in cui ha ritenuto che fosse inapplicabile alla fattispecie il protocollo d'intesa del 26 luglio 2007, richiamato dall'art. 15 del CCNL applicato che prevedeva un divieto di stipula di contratti di somministrazione in relazione a talune categorie di lavoratori.