Contenzioso

Trasferimento collettivo nullo se finalizzato alle dimissioni

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di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Il trasferimento collettivo dei lavoratori disposto nel contesto di un gruppo di imprese titolari di poli produttivi in Est Europa (Romania e Moldavia) comporta un elevato livello di attenzione rispetto al pericolo di successive delocalizzazioni, che costituiscono un «fenomeno di estremo allarme sociale». Il giudice è chiamato, quindi, a un’indagine approfondita sulle ragioni effettive del trasferimento, tenendo in considerazione la fusione per incorporazione da cui era scaturito il trasferimento della popolazione aziendale della società incorporata verso la sede aziendale della società incorporante.

Su queste premesse, il Tribunale di Bari (pronuncia del 23 gennaio 2022) ha annullato il trasferimento collettivo dei lavoratori dalla sede in chiusura in provincia di Bari verso la sede di destinazione in provincia di Catania, osservando che le precedenti iniziative datoriali finalizzate alla riduzione dei livelli occupazionali (una procedura di licenziamento collettivo sfociata in un piano di incentivazione all’esodo per 40 lavoratori) evidenziavano il ricorso strumentale all’individuazione di una nuova sede. La prospettiva datoriale non era di creare un nuovo polo produttivo sinergico nel contesto dell’avvenuta incorporazione, bensì di esercitare una «coazione indiretta nei confronti dei dipendenti» per spingerli a risolvere il rapporto di lavoro.

A ulteriore conforto dell’illegittimità del trasferimento, il giudice valorizza lo svolgimento per un lungo periodo (a seguito della pandemia) dell’attività in smart working da parte dei dipendenti, argomentando che questa circostanza era indice d’inconsistenza delle ragioni produttive/organizzative dedotte dall’impresa. La possibilità di continuare a operare tramite lavoro agile non pregiudicava il conseguimento dell’oggetto sociale e avrebbe, anzi, determinato risparmi sui costi fissi in termini di spesa per elettricità, connessione telefonica e buoni pasto.

È difficile sfuggire alla considerazione che il giudice entri nel merito della scelta industriale dell’impresa, ma la giustificazione di quest’operazione viene individuata dal Tribunale nel ricorso al meccanismo del repêchage proprio dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo e degli “accomodamenti ragionevoli” volti a preservare il rapporto di lavoro dei dipendenti disabili. Anche nel contesto dei trasferimenti, ad avviso del giudice, il datore è tenuto a valutare soluzioni organizzative differenti, individuando quella meno gravosa per i lavoratori.

È un approdo suggestivo rispetto a valutazioni di ordine sociale, ma è foriero di incertezze per le imprese coinvolte in processi di riorganizzazione aziendale. La pretesa di valutare la tenuta sul piano tecnico di un trasferimento collettivo facendo riferimento a principi e regole elaborati per le operazioni di delocalizzazione e per i licenziamenti di natura oggettiva esonda dai confini dell’articolo 2103 codice civile, cui la materia era sin qui ricondotta, e genera una pericolosa anarchia sull’applicazione delle fattispecie normative (incluso lo smart working) ad ambiti ad esse estranei.

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