Trasferta del lavoratore
Il quesito posto richiede di affrontare, seppur sinteticamente, i principali aspetti di criticità nella gestione della trasferta. In particolare è necessario approfondire se i requisiti evidenziati, relativamente all'elemento temporale, all'elemento territoriale e all'elemento oggettivo del rimborso, siano rispettosi di quanto indicato al comma 5 dell'art. 51 del t.u.i.r. al fine di fruire di agevolazioni (esenzioni) di carattere fiscale e, in virtù del principio di armonizzazione espresso dall'art. 6 del d.lgs. 314/1997, contributivo. Sotto l'aspetto temporale è necessario evidenziare che la trasferta deve essere caratterizzata da un mutamento temporaneo, e non definitivo, della sede di svolgimento della prestazione di lavoro rispetto alla sede indicata nel contratto di lavoro. In merito alla durata del concetto di temporaneità nulla dispone la norma anche se a livello interpretativo il Ministero delle Finanze con la circolare 326/E/1997 ha indicato il termine di 240 giorni (termine invece previsto normativamente nel settore pubblico) come possibile soglia di riferimento. Non si è in grado dal tenore del quesito di fare ulteriori valutazioni relativamente ai due anni di trasferta ma il termine sembra, almeno prudenzialmente, eccessivo. In merito al concetto di trasferta in relazione allo spazio (o territorio) la norma richiede che per trasferta, almeno di rilevanza fiscale, si debba intendere l'attività lavorativa esercitata fuori dal comune della sede di lavoro stabilita dal contratto. A ribadirlo è la medesima circolare 326 sopra citata. Pertanto la modifica della sede lavorativa contrattualmente prevista identifica di per sè la fattispecie del trasferimento e non della trasferta. Pertanto, ove ipotizzabile, il trasferimento presso la sede del cliente (forse più valutabile sotto forma di distacco) determina la perdita dei benefici previsti dal comma 5 dell'art. 51 del t.u.i.r. in tema di trasferta. In merito all'ultimo aspetto, ossia alla quantificazione nel valore di esenzione di euro 46,48 giornaliero dei costi di viaggio, la medesima norma e relative interpretazioni ministeriali (v. ancora la circ. 326/1997 M.F.) ritengono che la quota di esenzione sia "al netto delle spese di viaggio". Pertanto, il rimborso chilometrico, ove effettuato nel rispetto della norma sia in termini di quantificazione del costo chilometrico sia dei chilometri effettuati (prendendo a riferimento il minor chilometraggio tra la sede aziendale/domicilio del lavoratore e la sede della trasferta) deve essere considerato sempre esente e quindi non rientrante nel limite di esenzione giornaliero.