Trattenuta sullo stipendio per risarcimento danni all’azienda
La vicenda trattata dall'ordinanza 26 aprile 2018, numero 10132, della Corte di cassazione riguarda un datore di lavoro che si opponeva a un decreto ingiuntivo con cui si intimava il pagamento del trattamento di fine rapporto a un lavoratore licenziato per fatti emersi nell'ambito di un procedimento penale per corruzione. Il primo giudice riteneva il diritto del datore a opporre in compensazione, rispetto al Tfr, le proprie pretese risarcitorie per aver subito danni gravi a causa del comportamento illecito del lavoratore.
Di contrario parere la Corte d'appello, che rigetta l'opposizione datoriale confermando il decreto ingiuntivo, in quanto l'istituto della compensazione «atecnica» si poteva applicare solo nel caso di obbligazioni derivanti da un unico negozio e tra loro legate da un vincolo di corrispettività che ne escludesse l'autonomia. Il giudice del riesame osservava, peraltro, che mentre il credito per Tfr era certo, liquido ed esigibile, lo stesso non poteva dirsi riguardo al controcredito del datore di lavoro, mancante di tali requisiti.
L'azienda ricorre per Cassazione, lamentando violazione degli articoli 1241, 1242 e 1246 del codice civile, in quanto la Corte territoriale si è posta in consapevole contrasto con il più recente indirizzo di legittimità circa la possibilità della compensazione atecnica in ordine a regolazione contabile tra contrapposte pretese di dare e di avere scaturenti da un medesimo rapporto giuridico, indipendentemente dal fatto che le diverse pretese siano o meno legate da un nesso sinallagmatico.
Sostanzialmente, si tratta di rispondere al quesito se è legittima la trattenuta sullo stipendio del dipendente per risarcimento dei danni causati all'azienda.
Nella risoluzione del quesito, le descritte motivazioni della Corte d'appello – che trovano abbrivio in Cassazione, sezioni unite 16 novembre 1999, numero 775, secondo cui, poiché l'articolo 1246 del codice civile si limita a prevedere che la compensazione si verifica quali che siano i titoli da cui nascano i contrapposti crediti e debiti senza espressamente restringerne l'applicabilità all'ipotesi di pluralità di rapporti, non può in assoluto escludersi che tale istituto operi anche fra obbligazioni scaturenti da un'unica fonte negoziale - non hanno però trovato conferma presso il giudice di legittimità, in quanto con l'ordinanza 10132/2018, la sezione lavoro arriva a una conclusione favorevole all'azienda affermando che sono giustificate le doglianze sull'omessa operazione di compensazione secondo l’articolo 1241 del codice civile (atecnica o impropria) tra la pretesa creditoria azionata dal lavoratore, relativamente al diritto al Tfr, e quella risarcitoria, vantata dall'azienda, però entrambe attinenti al medesimo rapporto di lavoro intercorso tra le parti.
In particolare, nell'ordinanza 10132/2018 viene osservato che nella compensazione "impropria" – che si configura quando la reciproca relazione credito-debito nasce da un unico rapporto (ad esempio, il rapporto di lavoro) – l'accertamento contabile del saldo finale può essere compiuto dal giudice ex officio. La compensazione propria, invece, postula l'autonomia dei rapporti ai quali i crediti si riferiscono e richiede un'apposita eccezione di parte (Cassazione, 15 giugno 2016, numero 12302; 26 ottobre 2016, numero 21646).
E infatti la giurisprudenza di legittimità intervenuta in tema di estinzione delle obbligazioni (Cassazione, 25 novembre 2002, numero 16561; 29 agosto 2012, numero 14688; 13 agosto 2015, numero 16800; 25 maggio 2016, numero 10750), ha sostenuto che, in tema di estinzione delle obbligazioni, è configurabile la compensazione "atecnica" o "impropria" quando i crediti abbiano origine da un unico rapporto – la cui identità non è esclusa dal fatto che uno di essi abbia natura risarcitoria derivando da inadempimento -, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta l'accertamento del dare e avere, senza che sia necessaria la proposizione di un'apposita domanda riconvenzionale o di un'apposita eccezione di compensazione.
In applicazione degli affermati principi, al giudice del rinvio è demandato il compito di procedere a una nuova pronuncia riguardo all'eccezione di compensazione.