Rapporti di lavoro

Welfare aziendale, contributo del 10% sui premi trasformati in pensione

L’obbligo scatta anche se si scelgono fondi o casse con fini assistenziali

di Barbara Massara

Il contributo di solidarietà del 10% è dovuto dal datore di lavoro anche sulle somme versate ai fondi di previdenza complementare e alle casse di assistenza sanitaria integrative in sostituzione del premio di risultato detassabile.

Lo chiarisce l'Inps, su avviso del ministero del Lavoro, nella circolare 49/2023 dedicata a una completa illustrazione di tutte le misure di welfare che, a seguito delle modifiche normative introdotte dal 2016 a oggi, le aziende possono riconoscere ai lavoratori, beneficiando reciprocamente dei rispettivi regimi fiscali e previdenziali agevolati.

Il provvedimento fa una vera a propria ricognizione di tutte le casistiche di benefit e somme riconducibili al concetto di welfare aziendale e che, in base all'articolo 51, commi 2 e 3 del Tuir, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente e conseguentemente, in generale non scontano neppure l'obbligo contributivo, salvo alcune specificità previste dall'articolo 12 della legge 153/1969.

La legge di bilancio 2017, con l'introduzione del comma 184-bis nell'articolo 1 della legge 208/2015 ha ulteriormente rafforzato l'opportunità di convertire il premio di risultato in alcuni benefit “nobili”, quali i contributi di previdenza complementare, i contributi di assistenza sanitaria integrativa, escludendone in toto l'imponibilità, anche se di importo eccedente gli ordinari limiti di deducibilità fiscale (5.164,57 euro per i contributi di previdenza complementare e 3.615,20 euro per quelli di assistenza sanitaria integrativa). Ma la norma nulla ha disposto in merito allo specifico obbligo di versamento del contributo di solidarietà del 10% previsto dall'articolo 12, comma 4, lettera f) della legge 153/1969, nonché dall'articolo 16 del Dlgs 252/2005, dovuto sulle somme a carico del datore di lavoro versate ai fondi di previdenza complementare nonché a fondi e casse con esclusivo fine assistenziale.

In merito a tale obbligo fino ad oggi hanno coesistito due orientamenti contrapposti:

in base al primo, poiché i premi di risultato convertiti in contributi sono da considerare somme a carico del datore di lavoro, quest'ultimo ha l'onere di versare, sugli stessi, il contributo del 10% all'Inps;

secondo l'altro orientamento, i premi trasformati in contributi sono da considerare a carico del lavoratore e quindi non scontano il contributo ridotto di solidarietà perché sono frutto della libera scelta del lavoratore di trasformare il premio monetario in future prestazioni previdenziali ed assistenziali.

Trascorsi 5 anni dall'introduzione della novella normativa, l'Inps dirime la questione e chiarisce che i contributi versati ai fondi di previdenza complementare nonché a quelli di assistenza sanitaria integrativa, a seguito della scelta del dipendente di convertire il premio di risultato detassabile sono sempre da assoggettare al contributo di solidarietà del 10% a carico del datore di lavoro.

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