Welfare nelle Pmi, spinta alla produttività
Cresce la diffusione del welfare aziendale nelle Pmi, considerato sempre più come una leva per aumentare il benessere dei lavoratori e la competitività. Il 63,5% delle aziende “molto attive” nel welfare sostiene di aver incrementato la produttività come conseguenza di una maggiore soddisfazione dei dipendenti, ma guardando ad una platea più ampia nella media il miglioramento è registrato dal 35,6% delle imprese (erano il 30% nel 2017). Salute e assistenza, conciliazione di vita e lavoro, formazione dei giovani e sostegno alla mobilità sono le tre priorità di sviluppo nei prossimi tre- cinque anni per oltre il 52,7% delle aziende.
Il rapporto 2018 del welfare index delle Pmi promosso da Generali (con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni), per il terzo anno ha analizzato il livello di welfare in oltre 4mila piccole imprese (10mila interviste nel triennio) evidenziando come nei contratti integrativi circa un terzo delle aziende abbiano raggiunto accordi per introdurre misure di welfare, accanto ai premi di risultato erogati in cash. Merito degli incentivi fiscali che, a partire dalla legge di stabilità 2016 hanno reso le misure di welfare contrattuale esentasse, quindi più convenienti anche rispetto ai premi di produttività che beneficiano della cedolare secca al 10%. Ragion per cui il ministro del Lavoro uscente, Giuliano Poletti, si appella al governo che verrà affinché «sia data continuità alle misure che funzionano, con una garanzia di durata per non lasciare le aziende nell’incertezza».
Dal rapporto di Generali emerge una crescita delle aziende attive nel welfare (in almeno 4 delle 12 aree di intervento), erano il 25,5% nel 2016 oggi sono il 41,2%, sono inoltre raddoppiate le aziende “molto attive” (in almeno 6 aree) dal 7,2% del 2016 al 14,3% di quest’anno. La soddisfazione dei lavoratori e il clima aziendale rappresentano il primo obiettivo per il 42,1% delle imprese nella scelta di attuare iniziative di welfare per dare una risposta ai bisogni sociali emergenti. «Il welfare fa crescere le imprese e fa bene al lavoro – ha spiegato Marco Sesana, ad di Generali Italia –. Accanto ai tradizionali servizi di welfare che offriamo ai nostri 8mila dipendenti, guardiamo alle start up per offrire nuove prestazioni, come la prevenzione sanitaria, il check up posturale e l’assistenza ai genitori».
Cresce l’interesse per la formazione: si è passati dal 32,2% all’attuale 36,6% delle imprese, con il 46,7% delle Pmi che intende investire nei prossimi 3-5 anni sul l’educazione, intesa come formazione e contributi all’istruzione dei figli. «Il welfare aziendale – ha detto Carlo Robiglio, presidente della Piccola Industria di Confindustria – migliora la produttività delle aziende e rafforza il rapporto con i collaboratori, creando le condizioni per una piena espressione della persona nel lavoro. Va data particolare attenzione alle misure di welfare destinate alla formazione dei dipendenti e delle nuove generazioni: education e competenze sono due leve fondamentali per la crescita delle Paese e delle imprese».
Nel campo della salute e dell’assistenza il 42% delle imprese ha attuato almeno un’iniziativa (erano il 32,2% nel 2016). Nel dettaglio, le iniziative di sanità complementare sono cresciute dal 29,2% del 2016 all’attuale 35,7% (adesione al fondo di categoria, polizze aziendali). Per i servizi di prevenzione e cura (sportello medico, convenzione con centri specialistici) si è passati dal 3,6% (2016) all’attuale 11%. Il 59,4% delle Pmi offre ai dipendenti misure organizzative per conciliare i tempi di vita privata con quelli del lavoro (meno del 40% nel 2016), come lo smart working, permessi aggiuntivi per maternità, convenzioni con asili.
Tra i fattori chiave per la diffusione del welfare aziendale ci sono la conoscenza delle norme e degli incentivi (solo una Pmi su quattro possiede gli strumenti per gestire le iniziative) e la necessità di associare le imprese per raggiungere la massa critica, come hanno sottolineato Massimiliano Giansanti (Confagricoltura), Cesare Fumagalli (Confartigianato) e Gateano Stella (Confprofessioni).
L'impatto del welfare aziendale