Rapporti di lavoro

Per la Cassazione gli addetti ai call center sono lavoratori subordinati

di Carmine Santoro

L'addetto al call center, che osserva un orario fisso di lavoro per cinque giorni a settimana dietro percezione di un compenso mensile, è un lavoratore subordinato a tutti gli effetti. Questo il principio di diritto ricavabile dalla sentenza 8 gennaio 2015, n. 66 della Suprema Corte di Cassazione.

Una lavoratrice addetta a un call center ricorreva in giudizio per vedersi riconosciuta la qualità di prestatore subordinato, avendo osservato, nel corso del rapporto un orario di lavoro di 4 ore al giorno per 5 giorni alla settimana, a fronte di retribuzione fissa mensile. Il giudice di merito riteneva insufficienti tali elementi a dimostrare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e, pertanto, respingeva la domanda della lavoratrice.

I giudici di legittimità ritengono erronea la decisione sul punto. Secondo la Suprema Corte gli indici descritti costituiscono un quadro indiziario che i giudici di merito avrebbero dovuto valutare - ciò che hanno del tutto omesso di fare - nonché approfondire in sede istruttoria. In luogo di tale verifica, la Corte osserva che essi si sono limitati all'affermazione apodittica dell'irrilevanza di tali circostanze di fatto solo perché non riproducono testualmente i noti caratteri della subordinazione quali la sottoposizione al potere gerarchico e disciplinare, che al contrario ben si possono desumere, secondo costante giurisprudenza della Cassazione, proprio dalle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa (cfr., da ultimo, Cass. n. 4524/11).

La Corte, in definitiva, aderisce al recente orientamento di legittimità che sostiene la rilevanza indiretta degli indici di subordinazione a provare il fondamentale requisito dell'eterodirezione. In questa visione, la sottoposizione del lavoratore al potere direttivo del datore- pur in assenza di prove dirette di ordini, controlli e sanzioni disciplinari- è desumibile dagli indici secondari i quali, valutati complessivamente, attestano la subordinazione delle prestazioni. Un altro orientamento, cui aderiscono i giudici di merito, ritiene, invece, necessaria la prova diretta della sussistenza del potere direttivo e disciplinare, che non può essere surrogata ma solo supportata dagli indici sussidiari.

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