Contenzioso

Nuove mansioni legate alle competenze

di Stefano Rossi

La riscrittura dell’articolo 2103 del Codice civile avvenuta nel 2015 (Dlgs 81/2015, articolo 3) ha introdotto una maggiore flessibilità sulla modifica delle mansioni del lavoratore, ad esempio in caso di cambiamento degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore stesso. Soprattutto se mancano, però, ipotesi di assegnazione ad altre mansioni nel contratto collettivo di riferimento, potrebbe ritornare in campo, in caso di contenziosi con i lavoratori, il concetto di equivalenza delle mansioni, presente nella versione precedente dell’articolo 2103. È la conclusione alla quale si può arrivare analizzando alcune sentenze recenti sul tema della variazione delle mansioni: anche se riferite a vicende anteriori alla riforma, possono rappresentare un’indicazione utile sull’orientamento dei giudici.

L’ordinanza della Cassazione 19725 dell’8 agosto 2017 ha stabilito che l’esercizio aggiuntivo di mansioni superiori comporta il diritto del lavoratore a un livello più elevato. Nel caso esaminato, alcuni dipendenti impiegati in un aeroporto avevano ottenuto dal giudice l’inquadramento a un livello contrattuale superiore, con le connesse differenze retributive. La società aveva fatto ricorso alla Cassazione, sostenendo che i lavoratori avevano svolto le mansioni superiori di «responsabile in turno» solo in maniera sporadica e occasionale. La Cassazione, ritenendo inammissibile il ricorso, sostiene invece che l’esercizio aggiuntivo di mansioni riconducibili a un livello superiore rispetto a quello contrattualmente assegnato, esercitato in maniera continuativa per un certo tempo, comporta il diritto all’inquadramento nel livello più elevato, con le relative differenze retributive. Infatti - continua l’ordinanza - in una valutazione comparativa, non occorre effettuare una sorta di calcolo temporale nello svolgimento delle due diverse mansioni, ma occorre valutare come prevalenti quelle che si connotano per un maggior pregio professionale.

Le argomentazioni sono in linea con quelle della sentenza 15736 del 21 giugno 2013, in cui si afferma che la prevalenza o la “promiscuità” delle mansioni non va determinata sulla base di una mera contrapposizione quantitativa delle mansioni svolte, bensì tenendo conto, in base a un giudizio di equivalenza, delle mansioni più rilevanti sul piano professionale.

Un orientamento diverso emerge invece nella sentenza 8925 del 6 aprile 2017: a un lavoratore era stata negata la qualifica superiore per la conduzione di mezzi speciali usati in caso di precipitazioni nevose. La Cassazione afferma che in caso di mansioni promiscue, ove la contrattazione collettiva non preveda una regola specifica, occorre avere riguardo alle mansioni più qualificanti, purché svolte in misura quantitativamente significativa. Lo stesso indirizzo era stato seguito in passato anche dalla sentenza 10843 del 26 maggio 2015, dove si sostiene che lo svolgimento delle mansioni superiori deve avvenire in maniera non episodica.

Da un lato, quindi, si pone l’indirizzo che dà rilievo al dato quantitativo e dall’altro versante, l’attuale giurisprudenza, valorizza il criterio dell’equivalenza professionale. In posizione intermedia si pone invece la sentenza 18418 del 20 settembre 2013: nel caso in cui sia impossibile comparare le rispettive mansioni secondo il criterio dettato dal contratto collettivo, l’espletamento di una mansione, anche se esercitata con scarsa frequenza e continuità, che richiede un alto grado di specializzazione e rilevante profusione di impegno intellettivo e materiale, sarà sufficiente per l’inquadramento nella qualifica superiore. Se invece questo criterio dovesse concorrere con la normale frequenza di espletamento di determinate funzioni, allora assume carattere assorbente rispetto all’elemento qualitativo. In definitiva, l’equivalenza che legittima il datore di lavoro a variare le mansioni deve essere intesa come attitudine delle nuove mansioni a consentire la piena utilizzazione o anche l’arricchimento del patrimonio professionale del lavoratore. Nell’indagine sarà necessario non solo riferirsi al livello di categoria contrattuale, ma anche verificare che le nuove mansioni siano aderenti alla competenza acquisita dal lavoratore, anche se per un tempo limitato (si veda anche la sentenza del Tribunale Roma 9172/2014).

Leggi la sintesi delle pronunce

Leggi anche le sentenze:
Corte di cassazione, sentenza 18031 del 21 luglio 2017
Corte di cassazione, sentenza 3422 del 22 febbraio 2016
Corte di cassazione, sentenza 2512 del 31 gennaio 2017
Corte di cassazione, sentenza 13379 del 26 maggio 2017
Corte di cassazione, sentenza 4499 dell’8 marzo 2016

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