Rapporti di lavoro

Quando il socio lavora per la società

di Antonio Carlo Scacco

L’Inps si è occupata della peculiare fattispecie del lavoro svolto dal semplice socio, ossia non investito di particolari funzioni o poteri di rappresentanza, a favore della società in diverse occasioni. Secondo l’istituto previdenziale bisogna distinguere tra società a base personale (società semplice, in nome collettivo eccetera) da quella a base capitale (società per azioni, a responsabilità limitata ecetera).

Nel primo caso si tende a escludere la contemporanea qualità di lavoratore subordinato e socio di società di fatto e irregolare per la ragione che il vero e proprio lavoratore subordinato è un soggetto in posizione nettamente distinta da quella dell’imprenditore o datore di lavoro e non è esposto ad alcun rischio d’impresa. Per i soci di società semplici e in nome collettivo non aventi la qualifica di amministratore (ma è raro rinvenire tale distinzione in queste società) l’Inps tende eccezionalmente ad ammettere la contemporanea qualifica di socio e lavoratore subordinato richiamando la rigorosa giurisprudenza di legittimità in materia.

Più in particolare si richiede la (contemporanea) presenza di due condizioni, la prima negativa e la seconda positiva: a) che la prestazione non integri un conferimento previsto dal contratto sociale, ovvero non si tratti di un socio d’opera; b) che il socio presti l’attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di direttiva e controllo. L’occasionale partecipazione del socio agli atti di gestione societari non esclude il rapporto di lavoro subordinato (si veda per sempio Cassazione 16 novembre 2010 numero 23129, 12 maggio 1999 numero 4725, 11 gennaio 1999 numero 216 ). Nelle società in accomandita il socio lavoratore subordinato deve naturalmente essere socio accomandante.

Nelle società di capitali l’ente è caratterizzato da una personalità giuridica distinta da quella dei soci e inoltre la responsabilità del socio è normalmente limitata alla quota conferita: la posizione del socio e quella della società sono, pertanto, nettamente distinte. Del resto lo stesso articolo 2349 del codice civile prevede per le società per azioni la possibilità, se lo statuto lo prevede, di assegnare con delibera della assemblea straordinaria utili ai prestatori di lavoro dipendenti delle società o di società controllate mediante l’emissione di speciali categorie di azioni da assegnare individualmente ai soggetti citati.

È opportuno notare che la figura del socio lavoratore dipendente non va confusa con quella del socio d’opera, la cui prestazione avviene all’interno del contratto sociale e non in virtù di un contratto di lavoro subordinato (ad esempio articolo 2464 del codice civile o articolo 2345 del codice civile relativo alle prestazioni accessorie dei soci non consistenti in denaro). Il socio d’opera non è un lavoratore dipendente, non è soggetto al potere direttivo dell’organo sociale e il compenso della sua attività non è assimilabile a una retribuzione.

Naturalmente l’astratta possibilità che si verifichi compatibilità tra qualità di socio e lavoratore subordinato della società deve essere supportata da tutti i requisiti tipici che caratterizzano il lavoro dipendente. In primo luogo la prestazione lavorativa e le mansioni svolte dal socio non devono coincidere con quelle eventualmente svolte per la medesima società in qualità di socio. Il socio deve inoltre svolgere la sua attività lavorativa sotto le effettive direttive degli organi amministrativi della società e il compenso della sua attività lavorativa (retribuzione) deve essere distinto dall’eventuale compenso percepito nella qualità di socio (in genere sotto forma di partecipazione agli utili).

Si ritiene possibile che il contratto di lavoro tra socio e società, quando possibile, possa essere stipulato in forma di apprendistato. In tal caso, oltre alla presenza dei connotati caratteristici della subordinazione ed allo scambio di lavoro e retribuzione, deve essere altresì presente l’obbligo del datore di lavoro ( in questo caso la società) di impartire al lavoratore la formazione necessaria (essendo l’apprendistato un contratto a causa mista).
La mancanza dei requisiti di cui sopra fa venire meno le condizioni necessarie perché sia configurabile in capo al socio un contratto di lavoro subordinato, con pesanti conseguenze sul piano previdenziale e fiscale. Sotto il primo profilo il socio lavoratore non vedrà riconosciuti ai fini pensionistici i contributi versati (fermo il diritto alla loro restituzione); sotto il profilo fiscale il disconoscimento del rapporto comporta che i compensi corrisposti dalla società a titolo di (presunta) retribuzione non possono essere qualificati alla stregua di prestazioni per lavoro dipendente e come tali indeducibili.

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