Contenzioso

Trasferibile solo il ramo d’azienda preesistente

Non si può effettuare l’operazione con una struttura creata solo in occasione del trasferimento o ritenuta tale solo dalle parti in gioco

di Valeria Zeppilli

Il ramo d'azienda rilevante ai fini dell'applicazione della normativa sul trasferimento prevista dall'articolo 2112 del Codice civile non può che consistere in un'entità economica organizzata che, una volta trasferita, conservi la propria identità. Da questo assunto, la Corte di cassazione (ordinanza 13655/2023) ha concluso che è fondamentale che l'entità produttiva oggetto di trasferimento sia, oltre che funzionalmente autonoma, anche preesistente, in quanto la conservazione non può che interessare qualcosa che esiste già. Non è possibile assoggettare alla normativa sul trasferimento una unità produttiva che sia stata creata in occasione del trasferimento o che sia stata identificata come tale esclusivamente dalle parti del negozio traslativo.

A detta dei giudici di legittimità, del resto, l'esternalizzazione non può rappresentare un mezzo per provvedere a una espulsione priva di controllo di frazioni di azienda che non sono tra loro coordinate, di semplici reparti o uffici o di articolazioni non autonome che hanno come elemento di unificazione esclusivamente la volontà dell'imprenditore. In sostanza, se manca un'entità economica in possesso di una propria funzionalità autonoma e obiettiva, non si può applicare ai rapporti di lavoro la disciplina prevista dall'articolo 2112 del Codice civile.

Non è infatti possibile ammettere un trasferimento d'azienda in presenza della decisione del cedente di unificare beni e lavoratori esclusivamente in sede di trasferimento: diversamente concludendo, ci si porrebbe in contrasto con le direttive comunitarie 50 del 1998 e 23 del 2001, che presuppongono l'esistenza, prima del trasferimento, di un assetto economico già formato.Il contrasto sarebbe anche con gli articoli 4 e 36 della Costituzione, che non permettono a un mero e incontrollabile atto di volontà del datore di lavoro di intervenire su una disciplina inderogabile posta a tutela dei lavoratori.

Con riferimento all'articolo 2103 del Codice civile, la Corte di cassazione ha anche chiarito che, nel caso in cui il datore di lavoro sia chiamato a ottemperare all'ordine giudiziale di riammettere in servizio un dipendente, il reinserimento deve avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie. Vi è comunque la possibilità di trasferire il lavoratore a un'altra unità, ma in questo caso occorre la sussistenza di ragioni tecniche, organizzative e produttive alla base del mutamento di sede, che il datore di lavoro deve adeguatamente provare.

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