Previdenza

Pensione complementare con regole Ue

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di Claudio Pinna

Un ulteriore passo avanti verso lo sviluppo delle forme pensionistiche complementari destinate ai lavoratori che per motivi professionali si spostano tra più paesi dell'Unione europea è stato compiuto il 20 giugno dal nostro governo. In tale data è stato infatti approvato lo schema di decreto per il recepimento della direttiva europea 50 del 2014, relativa ai requisiti minimi stabiliti dai programmi pensionistici per l'accesso alle prestazioni garantite.

L'obiettivo della direttiva era quello di determinare l'introduzione di norme che facilitassero l'esercizio del diritto alla libera circolazione dei lavoratori, riducendo gli ostacoli creati da alcune regole previste per la maturazione delle prestazioni stabilite dai regimi pensionistici complementari di tipo occupazionale (quelli cioè collegati ai contratti di lavoro stipulati).

Tre sono state le modifiche che il governo, in linea con quanto richiesto dalla direttiva, ha introdotto nel Dlgs 252/2005 (la legge organica di disciplina della previdenza privata in Italia). Alcuni aspetti non risultano del tutto chiari a una prima lettura e dovranno con ogni probabilità richiedere una serie di interpretazioni presumibilmente da parte della Covip.
La prima modifica è relativa al periodo minimo richiesto per la maturazione al pensionamento delle prestazioni accumulate. Dai cinque anni normalmente stabiliti si passa a tre nel caso in cui il lavoratore sia titolare di un rapporto di lavoro che cessi «per motivi indipendenti dal fatto che lo stesso acquisisca il diritto a una pensione complementare e che si sposta tra Stati membri dell'Unione europea».

La seconda è relativa alla possibilità dei lavoratori in uscita dal nostro Paese di mantenere la posizione maturata nell'ambito del fondo pensione di appartenenza anche in assenza di ulteriore contribuzione, prevedendo, qualora la prestazione maturata risulti particolarmente contenuta, anche la possibilità di riscattare la posizione individuale interamente sotto forma di capitale. Il mantenimento della posizione nel fondo pensione trova applicazione automatica qualora l'iscritto non evidenzi una scelta diversa. La facoltà del riscatto invece è concessa quando la prestazione maturata risulti non superiore all'importo di una mensilità dell'assegno sociale. Le modalità di conversione però della prestazione maturata sotto forma di capitale in rendita per la verifica del limite stabilito non risultano del tutto chiare.

L'ultima modifica prevede infine che gli iscritti attivi possano ottenere a richiesta informazioni in merito alle conseguenze della cessazione del rapporto di lavoro sui loro diritti pensionistici complementari. In particolare alle condizioni che ne stabiliscono l'acquisizione e alle conseguenze della loro applicazione in caso di cessazione del rapporto di lavoro, al valore dei diritti pensionistici maturati e delle condizioni che stabiliscono il trattamento futuro dei medesimi diritti.

Apparentemente sembrano esclusi i dipendenti della pubblica amministrazione, cosa che potrebbe produrre un impatto negativo per molti dei ricercatori pubblici che con una certa frequenza possono essere destinati all'estero per condurre progetti in università straniere. L'entrata delle nuove disposizioni avverrà a partire dal giorno successivo a quello della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

Purtroppo però il recepimento delle direttive europee nel settore previdenziale non si è esaurito. Anzi entro il 13 gennaio 2019 dovrà essere attuata la ben più complessa normativa prevista dalla direttiva 2341/2016 già conosciuta come Iorpii, che produrrà sicuro un impatto più sensibile sul mercato dei fondi pensione in Italia. Gli ambiti di maggiore applicazione saranno relativi alla governance, alla gestione del rischio e alle modalità di comunicazione di tutta una serie di informazioni nei confronti degli iscritti. Le nuove norme faciliteranno ulteriormente la costituzione di fondi pensione cosiddetti paneuropei, quei fondi cioè istituiti in un singolo paese dell'Unione ma nell'ambito del quale possono essere iscritti lavoratori provenienti da diversi altri Paesi (sempre appartenenti all'area europea). Sulla base di quanto stabilito dalla direttiva i fondi pensione dovranno introdurre diverse specifiche politiche di gestione che dovranno essere riviste ogni tre anni e i risultati delle quali dovranno essere monitorati nel tempo. L'auspicio è che il governo per questa direttiva possa recepire il tutto ben entro la scadenza prevista.

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