Clausole sociali facoltative nel nuovo Codice degli appalti
L'articolo 50 del decreto legislativo 50/2016, recante l'adeguamento del Codice degli appalti alla normativa europea, prevede, in attuazione delle norma di delega, la possibilità che i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti possano prevedere, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali prevedendo l'applicazione da parte dell'aggiudicatario, dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (articolo 51 decreto legislativo 81/2015).
La clausola sociale è una disposizione che obbliga il datore di lavoro al rispetto di determinati standard lavorativi e di protezione sociale, pena la impossibilità a svolgere attività economiche in appalto/concessione ovvero accedere a eventuali agevolazioni.
Assume particolare valore nella eventualità che si verifichi un cambio nella titolarità dell'appalto, obbligando la subentrante non solo ad assumere i lavoratori impiegati ma anche ad applicare condizioni contrattuali non peggiorative rispetto a quelle applicate dalla subentrata.
La norma dell’articolo 50 fa espresso riferimento agli affidamenti di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli nei quali il costo della manodopera è almeno pari al 50% dell'importo totale dell'appalto. Qualche polemica è sorta circa la trasformazione dell'obbligo di inserimento della clausola sociale (come era nella bozza precedente alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale) in una semplice facoltà.
Si tenga tuttavia presente che la specifica disciplina della successione negli appalti tra imprese trova fondamento nell’autonomia collettiva ma, proprio per questo, l'applicazione delle eventuali clausole sociali incontra un limite nel caso in cui la subentrante non applichi il medesimo contratto collettivo del preesistente affidatario.
La stessa direttiva 2014/24/Ue sugli appalti pubblici, all'articolo 70 prevede solo la facoltà, e non l'obbligo, per le amministrazioni aggiudicatrici di esigere condizioni particolari in merito all'esecuzione dell'appalto (incluse le clausole sociali). Una disposizione normativa che prevede specificamente l'obbligo per l'assuntore subentrante di assumere i lavoratori dell'assuntore cessante, indipendentemente dal contratto collettivo cui il primo aderisca, è contenuta in un disegno di legge attualmente in discussione (atto Camera 2475), ma si riferisce alle sole gare d'appalto relative ai servizi, anche integrati, di gestione degli immobili.
Peraltro, come è stato correttamente evidenziato dalla Commissione Lavoro della Camera in sede di indagine conoscitiva sui cambi di appalto ad alta intensità di manodopera, a tali casistiche non risultano immediatamente applicabili le procedure dell'articolo 2112 del codice civile sui trasferimenti d'azienda (riconoscimento della anzianità di servizio, retribuzione e inquadramento maturati eccetera), tenuto conto della possibili diversità, economiche e giuridiche, dei soggetti coinvolti (conferma l'articolo 29 del decreto legislativo 276/2003).
A tale posizione si conforma la giurisprudenza amministrativa dominante secondo cui «la c.d. clausola sociale va interpretata nel senso che l'appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell'appaltatore uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l'organizzazione d'impresa prescelta dall'imprenditore subentrante» (Consiglio di Stato, V sezione, 15 giugno 2009, numero 3900).
Sul punto è tuttavia auspicabile un rapido pronunciamento dell'Autorità anticorruzione, magari in sede di adeguamento delle linee guida attuative del decreto legislativo 50, le cui bozze dovrebbero essere visionabili in consultazione già nei prossimi giorni, stando alle dichiarazioni del consigliere Anac Michele Corradino.