Rapporti di lavoro

A Bologna la fabbrica entra nel campus internazionale

di Ilaria Vesentini

«La parola magica del lavoro 4.0 in Bonfiglioli è partecipazione. Le persone, non le tecnologie sono al centro delle strategie aziendali. E gli investimenti sono mirati sulla formazione e l’allenamento del “muscolo” mentale perché la learning agility è la competenza chiave del futuro che garantirà il vantaggio competitivo sulla concorrenza». A parlare è Santino Carlino, dal 2013 direttore Hr di Bonfiglioli Group, che nel giro di cinque anni ha rivoluzionato le politiche del personale all’interno di una multinazionale familiare da oltre 60 anni sinonimo di tecnologie meccatroniche. Ma diventata il benchmark lungo la via Emilia, nell’era dell’industria digitale, di un nuovo approccio illuminato e umanistico alle risorse umane e all’organizzazione del business, attraverso il coinvolgimento costante di istituzioni e sindacati, che ha azzerato conflittualità garantendo nel contempo performance aziendali record (e soddisfazione delle persone).

I numeri sono la cartina di tornasole: nell’ultimo lustro Bonfiglioli Group ha aumentato del 32% il giro d’affari (da 613,8 a 808,4 milioni di euro, confermandosi quinto player mondiale nei motoriduttori e nei sistemi di trasmissione di potenza) a fronte di un incremento del 12% degli organici, saliti da 3.300 a circa 3.700 persone oggi (di cui 1.350 in Italia). «E nello stesso periodo il team delle risorse umane è triplicato: avevo sei persone nella mia squadra in Italia quando sono arrivato, e altri dieci a livello mondiale, oggi siamo 25 in Italia e altri 30 worldwide», sottolinea Carlino, seduto al terzo piano del nuovo polo direzionale Bonfiglioli a Casalecchio di Reno, dove sono state concentrate le funzioni Hr, It e formazione con spazi e logiche all’avanguardia in termini di trasparenza degli uffici divisi solo da vetrate, grandi ambienti comuni per facilitare relazioni e brainstorming che si coniugano con smart working, processi digitali per programmare e prenotare riunioni e sale e il clean desk approach: non c’è più un posto assegnato, solo l’armadietto; le scrivanie ruotano in base ai gruppi di lavoro, per garantire movimento continuo e nel contempo ordine.

Al di là dell’impatto “estetico” della futuristica area dedicata al coordinamento di sistemi umani&informatici in un’azienda metalmeccanica che trasuda la tipica storia emiliana fatta di ingranaggi, ruote dentate e viti, a sorprendere è la veloce rivoluzione tecnico-culturale innescata e sostenuta dalla proprietà «con un investimento pazzesco – così lo definisce Carlino, ricordando che per la Digital transformation il gruppo sta investendo 145 milioni in tre anni in infrastrutture materiali e immateriali hi-tech – e con un approccio del training che è stato apripista in Italia e non più per specifici target ma generazionale, per fasce di età. Siamo già arrivati a coinvolgere il 65% dei dipendenti italiani nelle attività di retraining (inteso non più come formazione ma esperienza, continuous learning perché l’automazione digitale impone un costante allineamento) ma il nostro obiettivo è arrivare a una copertura del 100% nell’arco di quattro anni per fornire a tutti gli strumenti di comprensione di una realtà, non solo industriale, sempre più complessa».

Il nuovo programma di re-training generazionale sottende uno schema a matrice per sprinter (sotto i 35 anni), backbone (35-50 anni) e wise (over 50)incrociato con 5 pillars (execution, managerial, digital mindset, Bonfiglioli cultural identity e advanced tools) sulla base del quale offrire percorsi customizzati di aggiornamento a tutti i profili in organico, con sistema condiviso e comune su scala corporate dei metodi di valutazione delle performance e dei criteri di retribuzione variabile. A dare grande visibilità a questa rivoluzione a matrice 4.0 è stato il progetto pilota di “Digital re-training” studiato con i sindacati (Fiom in prima fila), partito lo scorso marzo,che ha coinvolto i primi 15 colletti blu in un percorso metà tecnico e metà culturale con tanto di certificazione finale delle competenze a cura della Regione Emilia-Romagna. «Percorso sul change management e la learning agility che da settembre, tra pochi giorni, estenderemo a tutti i 650 blu collars tra Ferrara e Bologna, gradualmente perché va garantita anche la continuità produttiva», precisa il manager, 46 anni e un passato nell’Hr di multinazionali come Fiat e Sea, Parmalat e Lindt.

«Nulla di tutto questo sarebbe possibile senza il committment dell’imprenditore(la presidente Sonia Bonfiglioli, ndr) che ha scelto di investire in un “rolling project” globale e non in un’iniziativa spot per affrontare le sfide dell’era 4.0 – spiega Carlino – con la convinzione che un corso di specializzazione sia un’assicurazione sulla vita per il dipendente assai più di un bonus una tantum». Ad esempio, il gruppo ha siglato accordi con le più importanti business school mondiali, come Escp Europe di Berlino, Iese di Navarra, Ceibs di Shanghai per offrire corsi e master di altissimo livello che arrivano a costare 38mila euro l’uno. E di fronte al rischio di investire tanto su manager e tecnici super-qualificati che fanno poi gola alla concorrenza la risposta di Bonfiglioli è che «si tratta comunque di un investimento per il territorio, di un arricchimento del distretto e non c’è alternativa, se vuoi competere per attrarre le risorse migliori in azienda». In linea con i quattro valori cardine del “Bonfiglioli Development System”: winning togheter, accountability, respect, challenge.

Sempre nel solco dell’impresa 4.0 è partita nelle ultime settimane in Bonfiglioli la fase pilota dell’assessment sul digitale per arrivare a disegnare una “skill map 4.0”. «Anche in questo caso partiamo con 30 persone per capire come mappare le capacità digitali e la consapevolezza che ogni dipendente ha. L’impressione è che le persone siano molto più digitali fuori dal lavoro che in azienda», spiega Carlino, che un anno fa ha firmato un contratto integrativo preso a modello sul territorio per i principi volti a valorizzare partecipazione, coinvolgimento e responsabilità dei lavoratori. Frutto del consolidato sistema di relazioni industriali (l’intesa è stata approvata con il 97% dei voti favorevoli) e della scelta di non spingere troppo l’acceleratore sul fronte della flessibilità di pari passo con la digitalizzazione, come in altre aziende meccaniche della via Emilia, a fronte di alti investimenti sul welfare 4.0: «Il budget di 250mila euro della piattaforma welfare Bonfiglioli è andato a ruba, per il 98% è già speso. E all’interno di questa cornice – aggiunge – ci prendiamo cura delle famiglie dei nostri dipendenti, regalando ai loro figli giornate di orientamento e due settimane di camp al Malpighi Lab (laboratorio dell’omonimo liceo scientifico bolognese finanziato dalla famiglia Bonfiglioli aperto alle altre scuole, università e aziende del territorio, ndr)».

La parola “partecipazione” in Bonfiglioli significa che il direttore Hr da gennaio a inizio estate di quest’anno ha avuto 50 incontri con i sindacati (e i Cobas non sono in azienda e la conflittualità è bassissima). «È grazie a questa condivisione trasparente con i sindacati di ogni passaggio che siamo arrivati al “Bonfiglioli improvement system”, per rendere gli operai motore del cambiamento, e a introdurre, per la prima volta nella storia del gruppo, il “Manufacturing day”, una giornata di incontro con tutti gli operai delle sedi di Vignola, Bologna e Forlì». Non esiste invece all’interno del nuovo contratto un capitolo a se stante sul 4.0, «non avrebbe senso, perché innovazione tecnologico-digitale e di governance avanzano in parallelo permeando ogni aspetto della vita lavorativa e perché sarebbe stato un passo troppo lungo distruggere l’orario di lavoro con un approccio totalmente liquido e destrutturato: le persone hanno ancora bisogno di codifiche», conclude Carlino. Bonfiglioli ha optato in tutti gli stabilimenti per un “menu” fatto di sette modalità di orario per intrecciare esigenze produttive e personali che coprono le 24 ore e smart working per le funzioni di staff di 5 giorni al mese.

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