Rapporti di lavoro

Apprendisti, meno vincoli e più sgravi

di Claudio Tucci

Niente più quote di stabilizzazione obbligatoria (20%) per poter assumere nuovi apprendisti per le aziende con più di 50 dipendenti. Azzeramento della contribuzione (per i primi tre anni) anche per le imprese con più di nove addetti. “Tutele crescenti” per consentire la risoluzione del rapporto durante la fase formativa (adeguando così l’apprendistato al nuovo contratto a tempo indeterminato introdotto con il Jobs act).

Il ministero del Lavoro sta elaborando un pacchetto di proposte per rilanciare l’apprendistato di primo livello (per il conseguimento della qualifica o del diploma) e quello di terzo livello (per l’alta formazione e ricerca), che stentano a decollare. Non è un mistero infatti che il primo livello è praticamente marginale: secondo i più recenti dati disponibili, biennio 2012-2013, risultano iscritti ai percorsi formativi per la qualifica professionale appena 2.116 apprendisti (nel 90% dei casi si tratta di giovani inseriti nel sistema duale della provincia autonoma di Bolzano). Numeri ancora peggiori sul fronte dell’apprendistato di alta formazione: al 2011, ultimo monitoraggio Isfol, se ne contavano circa 200. Altri 150 sono ora in pista, grazie a Enel, con il progetto sperimentale di apprendistato a scuola previsto, fino al 2016, dal decreto Carrozza (e aperto, eccezionalmente, ai minorenni). Costi elevati per le aziende, troppa burocrazia, anche da parte delle Regioni, nessuna flessibilità su controllo e durata del percorso formativo, e concorrenza di altri rapporti di lavoro “atipici”, come i contratti a termine, i cocopro e la somministrazione sono stati e restano i principali freni a queste due tipologie di apprendistato, nonostante i ripetuti interventi normativi varati negli ultimi anni.

Di qui l’idea del Governo di apportare ulteriori correttivi utilizzando i decreti attuativi del Jobs act su riordino degli incentivi e dei contratti, attesi per fine febbraio.

Le proposte allo studio al ministero del Lavoro aprono a una robusta semplificazione. Si ipotizza di collegare l’apprendistato di primo e di terzo livello alla stipula di un «protocollo formativo» tra impresa e istituzione scolastica presso cui lo studente è iscritto (formazione professionale, Its, università). In questo protocollo si potrebbe prevedere che almeno il 50% dell’intero orario del percorso possa essere svolto on the job con contratto di apprendistato. «L’intenzione è positiva - spiega Roberto Pessi, ordinario di diritto del Lavoro all’università «Luiss» di Roma - ma bisogna capire il livello di semplificazione a cui si vorrà arrivare. Sarebbe utile, per esempio, se si imputasse l’obbligo formativo al solo datore di lavoro, con semplici controlli ex post».

Inoltre, le aziende che assumono apprendisti attraverso il protocollo formativo potrebbero essere esonerate dalla retribuzione per l’intero monte ore di formazione. Qui il passo avanti sarebbe forte: oggi, dopo il decreto Poletti dello scorso marzo, per l’apprendistato di primo livello è previsto che la retribuzione delle ore formative sia pari al 35% del relativo monte ore complessivo. Mentre per l’apprendistato di terzo livello la retribuzione delle ore formative è piena (e ciò è un onere per l’azienda).

Il ministero del Lavoro pensa poi di azzerare la contribuzione anche per le imprese con più di 9 addetti. Così si uniformerebbe lo sgravio attualmente previsto per le aziende sotto i 9 dipendenti, che consiste nell’azzeramento dei contributi per i primi tre anni di contratto. In questo modo non ci sarebbe più concorrenza con gli sgravi triennali previsti dalla legge di Stabilità per i nuovi contratti a tutele crescenti.

L’impegno è poi di omogeneizzare le diverse (e spesso inconciliabili) discipline regionali in materia di formazione, e di coordinare il contratto d’apprendistato con il nuovo rapporto a “tutele crescenti” (con il regime sanzionatorio degli indennizzi monetari).

«Oggi si può licenziare un apprendista in costanza di periodo di tirocinio solo per giusta causa o giustificato motivo, e in caso di recesso illegittimo si applicano le tutele previste per i dipendenti non apprendisti - sottolinea Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro alla «Sapienza» di Roma -. Con questa proposta si chiarisce che il licenziamento illegittimo durante questo periodo viene assoggettato al regime delle tutele crescenti. Rimane intatto invece il recesso, con solo preavviso, al termine del periodo formativo, trattandosi di norma speciale da sempre applicata all’apprendistato».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©