La progressiva espansione della responsabilità civile e penale del committente nelle filiere alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali
Il tema delle responsabilità nelle c.d. filiere, sia nazionali che globali, è da tempo di grande attenzione sia da parte del legislatore comunitario che dei singoli Stati Membri, in alcuni casi già intervenuti con disposizioni specifiche e mirate come la Loi de vigilance francese e il Lieferkettengesetz tedesco, che rappresentano esempi concreti di obblighi di vigilanza estesi alla c.d. supply chain.
A livello internazionale si ricordano a tal proposito le numerose convenzioni OIL, già ratificate dall'Italia, tra cui la più recente, in tema di sicurezza sul lavoro, e i Principi Guida su imprese e diritti umani dell'ONU volti a prevenire e affrontare le violazioni dei diritti umani legate alle attività delle imprese, sulla base dei seguenti tre pilastri: l'obbligo dello Stato di proteggere dalle violazioni, la responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani attraverso la dovuta diligenza e l'accesso per le vittime ad un'effettiva riparazione.
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (c.d. CSDDD)
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (c.d. CSDDD) rappresenta l'ultimo tassello di un complesso e talvolta accidentato percorso comunitario attraverso il quale il legislatore europeo ha cercato di costruire un quadro regolamentare coerente sulla corporate governance sostenibile.
Questo progetto si basa sulla convinzione che le imprese possano svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione di un'economia e di una società sostenibili. Allo stesso tempo, il legislatore è anche consapevole che l'attività estensiva delle imprese, spesso transnazionale ed extracomunitaria, può comportare rischi per i diritti umani e l'ambiente. La finalità ultima del legislatore comunitario è dunque quella di creare una legislazione unitaria che imponga ai grandi gruppi di monitorare sistematicamente le condizioni di lavoro e il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori da parte dei fornitori e dei subfornitori attraverso la trasparenza e la condivisione di informazioni.
Come noto la CSDDD, approvata lo scorso 5 luglio 2024, è attualmente interessata da una consistente revisione ad opera del c.d. "pacchetto Omnibus" proposto dalla Commissione Europea, volto a semplificare e snellire la portata dell'obbligo di due diligence. Tra i principali interventi, si propone l'eliminazione dell'obbligo di cessazione del rapporto d'affari, sono escluse dalle consultazioni con gli stakeholders le attività di monitoraggio, le valutazioni vengono previste con cadenza quinquennale invece che annuale ed, infine, si prevede la posticipazione del recepimento della Direttiva da parte dei paesi Membri entro il 26 luglio del 2027, con applicazione graduale di tali disposizioni a partire dal 26 luglio 2028.
Il percorso della CSDDD è, dunque, ancora lungo.
Gli obblighi di due diligence alla luce della giurisprudenza di legittimità e di merito
E' tuttavia corretto chiedersi, se e quali obblighi di due diligence possano dirsi ad oggi di fatto sussistenti in capo alle imprese, sotto il profilo della c.d. soft law, alla luce della giurisprudenza sia di legittimità che di merito, che ha confermato la responsabilità solidale del committente nei confronti dei lavoratori impiegati da subappaltatori, e dei numerosi procedimenti aperti dalla Procura e dal Tribunale di Milano nei confronti di importanti aziende nazionali ed internazionali del settore della logistica, della moda e della grande distribuzione organizzata (c.d. GDO) in relazione alla commissione da parte dei propri fornitori del reato di "caporalato" nonché per delitti di natura fiscale.
La casistica è nota essendo stato molto scritto e commentato dagli organi di stampa: il Tribunale di Milano (Sezione Autonoma Misure Preventive) ha ritenuto di disporre l'amministrazione giudiziaria ex art. 34 D.Lgs.159/2011, al fine di prevenire la futura commissione di fenomeni criminosi inerenti alla c.d. supply chain, motivando tale misura, con riferimento alle maison di moda, per aver agevolato colposamente la commissione del reato di "caporalato" (i.e. reato d'interposizione illecita e sfruttamento del lavoro, rafforzato dal recente DL 19/24) da parte dei propri sub-fornitori (i cui lavoratori ricevevano una retribuzione del tutto inadeguata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; erano vittima di reiterate violazioni della normativa relativa all'orario di lavoro; operavano in contesti in cui venivano violate le norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; erano sottoposti a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti). Con riferimento alle grandi aziende della logistica e della c.d. GDO, la misura dell'amministrazione giudiziaria veniva motivata sulla base di reati tributari, per avere le stesse evaso l'imposta sull'IVA, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti emesse dalle società fornitrici. Quest'ultime avrebbero, in particolare, simulato prestazioni relative a contratti di appalto (che comportano, per chi riceve la fatturazione, la detraibilità di crediti IVA), laddove intendevano, in realtà, realizzare mere somministrazioni di mano d'opera (non soggette ad IVA). In altri termini, se le società della logistica e della c.d. GDO avessero assunto in proprio la manodopera, anziché esternalizzarla attraverso fittizi contratti di appalto, non avrebbero potuto dedurre alcun credito IVA, imposta non applicabile al lavoro dipendente.
Come spesso avviene, è dunque la giurisprudenza, prima ancora del legislatore, a porre nuove sfide per la compliance aziendale, che dovrà contemplare anche il rischio di commissione di fattispecie delittuose da parte dei propri fornitori e subfornitori.
Si evidenzia che la Procura di Milano non avviava alcuna indagine nei confronti di soggetti apicali o delle stesse maison di moda, ai sensi del D.Lgs. n. 231/01: quest'ultime, tuttavia, venivano sottoposte ad amministrazione giudiziaria per aver colposamente (e, dunque, involontariamente) agevolato la commissione del reato di interposizione illecita e sfruttamento di manodopera da parte dei fornitori, non avendo apprestato adeguate verifiche lungo l'intera catena produttiva.
Risulta, dunque, particolarmente importante attuare misure specifiche per prevenire la commissione di fenomeni criminosi nell'ambito della propria supply chain, anche se tali condotte non sfocino in fattispecie delittuose attribuibili all'ente o al relativo personale dipendente.
Infatti, pur in assenza di procedimenti nei confronti della società o dei suoi apicali ai sensi del D.Lgs. n. 231/01, la sottoposizione ad amministrazione giudiziaria, al di là delle evidenti ricadute di immagine e reputazionali, comporta la nomina di un amministratore giudiziario, munito di poteri particolarmente penetranti ed incisivi rispetto all'ordinaria gestione aziendale. Peraltro, il Tribunale di Milano richiedeva alle società oggetto di amministrazione giudiziaria anche la revisione della loro corporate governance.
Il Tribunale di Milano, con i propri provvedimenti, ha fornito indicazioni pratiche per mitigare i rischi inerenti alla c.d. filiera attraverso una serie di misure che non possono prescindere, come punto di partenza, dall'attuazione e dall'implementazione di un adeguato modello di organizzazione e di gestione ex D.Lgs. n. 231/01 con specifico riferimento alla prevenzione dei reati fiscali e di "caporalato", dall'adozione di un Codice Etico e dalla stipulazione di clausole contrattuali volte a vietare il subappalto a soggetti terzi (i quali potrebbero, a loro volta, rendersi protagonisti di condotte criminose).
Tuttavia, anche tali misure non sono di per sé sufficienti a prevenire le fattispecie di interposizione illecita di manodopera potenzialmente perpetrate dai fornitori.
Il Tribunale di Milano ha infatti imposto l'adozione di ulteriori presidi: fra tali misure la più importante consiste, senza dubbio, nell'effettuazione di audit sostanziali periodici nei confronti dei fornitori allo scopo di verificare che essi non commettano ipotesi delittuose di carattere fiscale o in materia di interposizione illecita di manodopera e che possiedano la capacità produttiva necessaria a svolgere le prestazioni contrattualizzate (le quali, altrimenti, rischierebbero concretamente di essere esternalizzate a soggetti terzi).
Attesa dunque la progressiva espansione della responsabilità civile e penale a carico delle imprese committenti – in linea con gli orientamenti europei - è necessario che le società, indipendentemente dal settore di appartenenza, adeguino già oggi il proprio compliance framework per prevenire i rischi connessi alla filiera, senza attendere l'entrata in vigore della CSDDD.
Convegno nazionale AGI 2025 - Benvenuti a Cagliari 2025
di Giuliana Murino - Presidente AGI Sardegna