Credito, Icbpi apripista sul Fondo a 7 anni
Ci sono accordi che vengono bocciati, ci sono accordi che vengono approvati pressoché all’unanimità. In parte è una questione di rappresentanza, in parte però è frutto del lavoro che le parti mettono in atto per ottimizzare l’uso di tutti gli strumenti. Da questo punto di vista quella del gruppo Icbpi (Istituto centrale banche popolari) si può considerare una parabola sindacale ascendente. Partita con l’annuncio di un numero molto elevato di esuberi (quasi il 20%) tra i 1.900 lavoratori concentrati tra Milano, Cividale del Friuli, Roma e Bologna, proseguita con una vertenza molto dura e finita con un accordo che ha avuto un via libera pressoché unanime tra i lavoratori (il 98% ha detto sì) del gruppo che è leader nella gestione dei pagamenti elettronici e ha tra i suoi azionisti i fondi di private equity Advent International, Bain Capital e Clessidra.
L’accordo sindacale, oltre ad aver riportato un clima positivo in azienda, fa da apripista sull’uso del fondo di solidarietà di settore a sette anni, dopo che il decreto banche nell’aprile dello scorso anno ha dato il via libera ai prepensionamenti a 7 anni. Nel merito l’accordo consente di far uscire attraverso pensionamenti e prepensionamenti 343 lavoratori. Le uscite saranno tutte volontarie e incentivate e, per coloro che opteranno per l’uscita anticipata, vi sarà la possibilità di estendere la durata massima della permanenza sul fondo da 5 a 7 anni. Secondo quanto spiega l’accordo, potranno andare in prepensionamento, attraverso il Fondo di solidarietà, coloro che maturano i requisiti per la pensione entro il primo dicembre del 2026. Per chi esce sono previsti incentivi da un minimo di 6 a un massimo di 11 mensilità. Chi esce inoltre potrà fruire dei principali istituti di welfare aziendale e nel caso in cui dovessero cambiare le regole l’azienda si è impegnata a garantire un paracadute. Per chi invece non ha i requisiti per accedere al Fondo e vuole uscire volontariamente, le parti hanno concordato un pacchetto di incentivi con l’obiettivo di raggiungere il numero di uscite. Il pacchetto prevede una buonuscita che va da un minimo di 6 a un massimo di 44 mensilità.
Se un capitolo importante dell’accordo riguarda chi esce, un altro capitolo altrettanto importante riguarda chi resta e quindi tutto il progetto di riqualificazione dei lavoratori. L’accordo, come spiega il chief administrative officer Icbpi, Oliviero Bernardi, si inserisce «in un piano industriale orientato alla crescita e allo sviluppo. Le uscite non hanno come elemento prevalente quello della riduzione dei costi: si tratta di un’operazione di up-skilling che vuole favorire il ricambio generazionale e l’ingresso e lo sviluppo delle competenze necessarie in un mondo in continua evoluzione come quello dei pagamenti digitali e della monetica». Fin dall’inizio le parti sono state animate «dalla volontà di raggiungere un accordo che trovasse poi il consenso delle persone, come è stato. Abbiamo così pensato a chi uscirà e alla necessità di condividere un sistema di uscita protetta dagli ammortizzatori e che consentisse di allargare il più possbile la platea di persone che potessero uscire, ma abbiamo pensato anche a chi resta con percorsi di riqualificazione». Tra l’altro il gruppo nei prossimi 4 anni farà circa un miliardo di euro di investimenti.
Soddisfatti anche i sindacati. Sergio Castoldi della Fabi spiega che si è trattato di «una trattativa molto difficile anche perché la nostra controparte erano i fondi americani di private equity. Grazie alla determinazione dimostrata dal tavolo sindacale, siamo riusciti a garantire una gestione morbida degli esuberi a tutela dei lavoratori, senza il ricorso ai licenziamenti ma soltanto attraverso uscite volontarie e incentivate». Maurizio Gemelli della First Cisl parla di «risultato rilevante in termini di garanzie occupazionali, di riqualificazione professionale e di tutele sulla mobilità dei dipendenti, compresa la clausola che fissa per i colleghi interessati da cessioni individuali del contratto l’intangibilità del regime giuridico di tutela del rapporto di lavoro applicato alla data del passaggio».