Sulle politiche attive quadro regolatorio ancora da chiarire
Alla fine, ci si è accorti che il disordinato affastellamento del provvedimento Delrio sulle città metropolitane e sul riordino delle province, della riforma costituzionale del Titolo V e dell'esercizio della delega prevista dal Jobs Act sulla costituzione dell'Agenzia nazionale per l'occupazione rischiava di lasciare il mercato del lavoro senza centri pubblici per l'impiego dal primo gennaio 2015.
Infatti, con le funzioni dei servizi per l'impiego e delle politiche attive ancora costituzionalmente di competenza delle Regioni, almeno fino a quando non si concluderà la riforma del Titolo V, con la gestione dei centri pubblici per l'impiego finora affidata alle Province e in assenza della costituzione dell'Agenzia nazionale a cui assegnare anche le previste competenze gestionali in materia di servizi al lavoro, non è ancora chiaro quale sarà la futura distribuzione istituzionale delle competenze e la gestione dei relativi servizi.
Se il disegno fosse davvero quello di una nuova centralizzazione delle competenze e della gestione dei servizi all'impiego, il Governo avrebbe dovuto diversamente ordinare la produzione dei tre suddetti provvedimenti. Innanzitutto, avrebbe dovuto completare la riforma del Titolo V, definendo conseguentemente quale nuovo ruolo assegnare alle Regioni.
In secondo luogo, avrebbe dovuto coordinare l'attribuzione delle funzioni relative ai servizi all'impiego con l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'occupazione, chiarendo subito quale sarà la sorte finale degli attuali Centri pubblici per l'impiego, visto che potrebbe non essere così scontato che diventino articolazioni territoriali della stessa costituenda Agenzia.
Infine, sarebbe utile chiarire anche come sarà disciplinato il rapporto tra servizi all'impiego pubblici e privati autorizzati o accreditati dalle Regioni, perché è indubbio che la nuova organizzazione centralistica del mercato del lavoro rischi di penalizzare proprio quei sistemi regionali, che hanno il merito di aver completato il precedente modello organizzativo, in cui servizi pubblici e servizi privati hanno pari dignità e pari attribuzioni per l'efficace esecuzione delle politiche attive del lavoro.
Circoscritte a garantire la continuità amministrativa e funzionale dei Centri pubblici per l'impiego, le norme del Governo contenute nella legge di stabilità e nel decreto legge mille proroghe non hanno chiarito il quadro regolatorio in itinere, così come non l'hanno delineato i primi due schemi di decreti legislativi attuativi della legge delega del Jobs Act. Infatti, mentre la disciplina del contratto di ricollocazione prevede che il lavoratore licenziato ha il diritto di ricevere dal Centro per l'impiego territorialmente competente un voucher rappresentativo della dote individuale di ricollocazione, da presentare ad un'agenzia per il lavoro pubblica o privata accreditata, quella dell'Assegno di disoccupazione (Asdi) prevede che il sostegno economico sia condizionato all'adesione ad un progetto personalizzato redatto dai competenti servizi per l'impiego.
Salvo non ci siano diverse ragioni ancora da chiarire, l'indifferente riferimento ai “Centri pubblici per l'impiego” e ai “Servizi all'impiego”, che comprendono anche i servizi privati autorizzati ed accreditati, lascia grandi dubbi sul disegno finale del futuro assetto del mercato del lavoro italiano.