Contrattazione

Ma vale sempre il criterio maggioritario

di Aldo Bottini

l’

articolo 8 del decreto legge 138/2011 è una norma, molto controversa e soprattutto molto osteggiata da parte sindacale al momento della sua emanazione, che attribuisce alla contrattazione di prossimità (aziendale e territoriale), per determinate materie e a determinate condizioni, la facoltà di realizzare specifiche intese che deroghino, con efficacia nei confronti di tutti, ai contratti collettivi nazionali e persino alla legge.

Una disposizione quindi che può produrre effetti anche dirompenti, e che proprio per questo è stata definita dalla Corte costituzionale (sentenza 221/2012) come una norma avente carattere eccezionale, inapplicabile oltre i casi e i tempi in essa considerati (articolo 14 delle preleggi). Le condizioni perché una deroga (soprattutto alla legge) possa essere validamente pattuita riguardano i soggetti legittimati, le materie nelle quali ciò è possibile, le finalità della pattuizione e le procedure da seguire.

I soggetti sono, nel caso degli accordi territoriali, le associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale. Per gli accordi aziendali, le loro rappresentanze operanti nell’impresa ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti. Occorre quindi oggi fare riferimento al Testo unico sulla rappresentanza sottoscritto da Confindustria e Cgil,Cisl e Uil il 10 gennaio 2014, che contiene una dettagliata regolamentazione delle rappresentanze sindacali in azienda, siano esse Rsu o Rsa, disciplinandone tra l’altro i meccanismi e le procedure decisionali proprio sulla base del criterio maggioritario che la legge richiede come condizione di validità dell’intesa. Ciò al fine di garantire che chi firma l’accordo di prossimità rappresenti effettivamente la maggioranza dei lavoratori.

Le materie che possono essere regolate sono varie: impianti audiovisivi e introduzione di nuove tecnologie (quindi controlli a distanza), mansioni e inquadramento, contratti a termine, somministrazione, part-time, solidarietà negli appalti, orario di lavoro, modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, co.co.co e partite Iva, conseguenze del licenziamento (eccezion fatta per quelli discriminatori).

La norma richiede però che gli accordi siano stipulati per le finalità espressamente elencate: maggiore occupazione, qualità dei contratti di lavoro, adozione di forme di partecipazione dei dipendenti, emersione del lavoro irregolare, incrementi di competitività e di salario, gestione delle crisi aziendali e occupazionali, investimenti e avvio di nuove attività. Il che sembra implicare che almeno una tra tali finalità venga indicata nell’accordo e sia verificabile.

La contrattazione di prossimità, pur rispettosa di tutti questi requisiti, incontra però limiti invalicabili al suo potere di deroga. Si tratta del rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro. L’accordo sindacale di prossimità è dunque uno strumento molto efficace e certamente utile a regolare “su misura” specifiche situazioni, che va tuttavia maneggiato con cura perché possa effettivamente raggiungere il suo scopo.

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