Contrattazione

Con il salario minimo aumenti per 2,9 milioni di occupati

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Dai servizi al noleggio e agenzie di viaggio, dall’intrattenimento all’accoglienza e ristorazione. L’introduzione del salario minimo orario a 9 euro lordi proposto dal M5S in questi quattro settori comporterebbe un consistente ritocco dei minimi retributivi per una larga fetta di addetti, considerando che nel primo caso il 61,6% dei rapporti di lavoro ha una retribuzione oraria inferiore ai 9 euro lordi, nel secondo caso il 34,3%, nel terzo il 29,2%, nel quarto il 27,1%.

L’Istat ha calcolato che tra i 14,1 milioni di dipendenti (escluso il lavoro agricolo) 2,9 milioni - vale a dire il 21% - percepiscono minimi retributivi inferiori alla nuova soglia base di salario legale proposta dal Ddl Catalfo che è all’esame della commissione lavoro del Senato: il 52% lavora nell’artigianato, il 34% nel terziario, il 10% nell’industria. La quota più consistente di quanti hanno rapporti con retribuzione oraria inferiore ai 9 euro lordi si registra tra gli apprendisti (59,5%), seguiti dagli operai (26,2%). In un caso su tre si tratta di giovani sotto i 29 anni, in quasi uno su quattro sono donne. Per questa platea di 2,9 milioni di persone l’adeguamento al salario minimo di 9 euro lordi comporterebbe sic et simpliciter un incremento medio annuale di circa 1.073 euro pro-capite, con un impatto sul monte salari di circa 3,2 miliardi di euro.

Al tempo stesso si avrebbe un deciso rialzo dei costi aziendali, con un impatto sulla competitività delle imprese con dipendenti (circa 1,5 milioni): l’Istat ha evidenziato un aggravio di costo che, se non trasferito sui prezzi, porterebbe a una compressione di circa l’1,6% del margine operativo lordo delle aziende. Questi impatti tendono ad aumentare in alcuni settori dei servizi, risultando pari a circa il 70% del Mol per i servizi di vigilanza e investigazione, a circa il 33% per l’assistenza sociale non residenziale e 34% le attività di servizi per edifici e paesaggi, al 24% per le attività di ricerca, selezione, fornitura del personale. Con un simile aggravio dei costi, il rischio della fuga dai contratti collettivi e dell’esplosione del sommerso è dietro l’angolo. Non a caso tutte le parti sociali sono contrarie ad introdurre il salario minimo legale, e premono per la definizione del valore erga omnes dei minimi retributivi fissata dai Ccnl più rappresentativi, per tener conto delle specificità dei singoli settori e per garantire ai lavoratori tutele più ampie della sola paga oraria minima. Senza trascurare che l’adeguamento dei livelli di inquadramento sotto soglia potrebbe portare tensioni negoziali, poiché i livelli immediatamente superiori si troverebbero di fatto alla pari e potrebbero rivendicare, a loro volta, incrementi.

Ma i 2,9 milioni di lavoratori calcolati dall’Istat in realtà è una platea sottostimata, per due ragioni. La prima è che non si considera il lavoro agricolo: in questo caso l’Inps ha calcolato che tra i 964mila operai agricoli il 38% sta sotto 9 euro l’ora, ovvero ulteriori 366mila. Poi c’è il lavoro domestico, qui il salario minimo stabilito dal Ccnl più rappresentativo (Assindatcolf) ha tutte le soglie di inquadramento sotto la soglia dei 9 euro: si oscilla da 4,62 euro ad un massimo di 8,21 euro. Peraltro, va considerato che dal 2012 al 2017 il numero dei lavoratori regolari è diminuito del 15%, passando da 1.012.988 a 864.526 unità. «Anche in questo caso - sottolinea l’Inps - l’introduzione di una soglia di salario minimo andrebbe effettuata assumendo in debita considerazione le oggettive caratteristiche del settore, anche per evitare il rischio dell'espansione del lavoro irregolare». Un allarme in parte raccolto dalla stessa Catalfo che in un emendamento al Ddl prevede una sostanziale esclusione del settore domestico dall’applicazione dei 9 euro legali, rimandando tuttavia la materia ad un decreto del ministero del Lavoro. La seconda ragione è che la proposta Catalfo si applica anche ai rapporti di lavoro parasubordinati, cioè alle collaborazioni diffuse in settori come quello dei call center, che non sono calcolate dall’Istat nella stima dei 2,9 milioni.

I dieci settori più colpiti

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