Contenzioso

I criteri della Cassazione per il riconoscimento di un rapporto subordinato dei medici che lavorano in case si cura

di Angelina Turco

L'inserimento in turni lavorativi predisposti dalla clinica e la sottoposizione a direttive circa lo svolgimento dell'attività per la Corte di cassazione sono elementi per il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato dei medici che lavorano in case si cura.

La Corte di appello di Roma ha accolto la domanda di un medico nei confronti di una casa di cura, riconoscendo la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti, anche se formalmente regolato da una serie di contratti di collaborazione autonoma per lo svolgimento di attività di medico ospedaliero.

In prima battuta la Cassazione (ordinanza 20 settembre 2019, numero 23520) ricorda che, ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l'elemento dell'assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile, come nel caso concreto, a causa della peculiarità delle mansioni e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari.

In particolare «in caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione continua del datore di lavoro, ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato o autonomo, cioè l'assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere verificata mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice di merito deve individuare attribuendo prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto».

Con particolare riferimento a coloro che esercitano la professione medica, i Supremi giudici ricordano che la giurisprudenza di legittimità, proprio in casi in cui non era agevole fare riferimento agli ordinari parametri della sottoposizione al potere direttivo e disciplinare del datore, ha sempre riconosciuto la natura subordinata del rapporto dei medici svolto in cliniche private sulla base di indici quali il loro inserimento in turni lavorativi predisposti dalla clinica e la sottoposizione a direttive circa lo svolgimento dell'attività, pur tenuto conto che la sussistenza o meno della subordinazione deve essere verificata in relazione alla intensità della etero-organizzazione della prestazione, al fine di stabilire se l'organizzazione sia limitata al coordinamento dell'attività del medico con quella dell'impresa, oppure ecceda le esigenze di coordinamento per dipendere direttamente e continuativamente dall'interesse dell'impresa (Cassazione, tra le altre, 14573/2012 e 19568/2013).

I giudici di merito, attenendosi a tali criteri, hanno accertato che le prestazioni rese dalla ricorrente erano interamente predeterminate dagli altri sanitari sovraordinati, che organizzavano il servizio, i turni, le sostituzioni, comandandola anche in reparti diversi da quello della propria specializzazione. Tale accertamento, ad avviso della Suprema corte, dà luogo a una figura professionale caratterizzata dall'esercizio di attività proprie della professione medica, ma giuridicamente articolata secondo la figura della subordinazione prevista dall’articolo 2094 del codice civile.

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