Contenzioso

In Italia le indennità più alte per i licenziamenti illegittimi

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di Francesca Barbieri

Non solo contratti a tempo determinato e somministrazione. Il decreto dignità, in vigore da sabato 14 luglio e ora all’esame del Parlamento per l’iter di conversione, interviene anche sulla materia dei licenziamenti, innalzando del 50% le indennità economiche dovute in caso di provvedimento illegittimo.

Nel “doppio” binario che si è creato dal 7 marzo 2015 con il Jobs act, cambiano così gli indennizzi riconosciuti ai lavoratori reclutati con il contratto a tutele crescenti nel settore privato licenziati senza giusta causa o giustificato motivo. Il minimo passa da 4 a 6 mensilità, il massimo da 24 a 36.

Resta in vita la regola centrale del decreto legislativo 23/2015 - il risarcimento è pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio - e, quindi, il nuovo sistema avrà un impatto immediato per i lavoratori con anzianità inferiore a 2 anni. Queste persone, con la vecchia disciplina avrebbero avuto un risarcimento non inferiore a 4 mensilità nonostante l’anzianità ridotta, mentre da oggi in poi avranno diritto (in caso di esito positivo della lite) ad almeno 6 mesi.

Un piccolo cambiamento interessa anche le piccole imprese che non raggiungono i requisiti dimensionali per l’applicazione della cosiddetta “tutela reale”, dove la soglia minima del “risarcimento” sale da 2 a 3 mesi di stipendio.

Molto più diluito nel tempo sarà invece l’impatto dell’innalzamento, da 24 a 36 mesi, del tetto massimo: il beneficio riguarderà, infatti, lavoratori con un’anzianità superiore ai 12 anni a partire dal 2015, requisito che, salvo casi specifici, non potrà presentarsi prima del 2027. Nessun intervento, invece, sull’offerta conciliativa, introdotta dal Jobs act per evitare cause in tribunale: un sistema più rapido in cui il datore di lavoro può offrire da 2 a 18 mensilità per chiudere la lite prima di arrivare in aula.

Con le nuove soglie si consolida così la posizione dell’Italia sullo scacchiere europeo, nel club dei Paesi più “generosi” per quanto riguarda gli indennizzi in caso di licenziamento illegittimo. Quello minimo (6 mesi) supera di gran lunga la mezza mensilità della Germania, le tre settimane del Belgio e i 33 giorni della Spagna, mentre solo la Svezia con 16 mensilità è più generosa.

Il “risarcimento” massimo, invece non ha rivali in Europa: la Germania si ferma a 18, Spagna e Irlanda a 24, la Francia a 20, secondo l’elaborazione dello Studio legale Toffoletto, De Luca, Tamajo e soci.

Rimane poi il fatto che in Italia sui licenziamenti illegittimi resta una babele di sanzioni. Come si può vedere dal grafico qui a destra il mix tra reintegra e licenziamento cambia in base al settore (privato o pubblico), alla dimensione (piccole o grandi imprese) e alla data di assunzione del lavoratore.

Le possibili soluzioni sono almeno dieci, con la precisazione che se il licenziamento è discriminatorio in tutti i casi scatta la reintegrazione sul posto di lavoro, abbinata a un risarcimento del danno pari a tutte le retribuzioni che il dipendente avrebbe maturato dal licenziamento illegittimo fino alla ripresa del lavoro.

Le cause di licenziamento, intanto, risultano in calo: secondo i dati del ministero della Giustizia, nel 2017 sono stati avviati in Tribunale 20.580 procedimenti nel settore privato, in diminuzione dell’8 per cento rispetto al 2016. Alla fine dell’anno scorso nel primo grado di giudizio risultavano 17.724 dossier aperti (le cosiddette pendenze), rispetto agli oltre 19mila dell’anno precedente.

I licenziamenti nel 2017 sono stati 890mila, l’8,8% del totale delle cessazioni dei rapporti di lavoro. Su 10,1 milioni di rapporti di lavoro conclusi, 6,7 milioni hanno riguardato la fine di contratti a termine, 1,5 milioni sono state richieste dal lavoratore, 1,1 milioni sono state promosse dal datore di lavoro, mentre 800mila sono state determinate da altre cause (per esempio, risoluzione consensuale, o modifica del termine inizialmente fissato).

Leggi il mosaico delle sanzioni per i licenziamenti illegittimi

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