Rapporti di lavoro

Its, un’alternativa valida: il 79,5% è già in azienda

di Claudio Tucci

Se la ricetta è un’offerta didattica, professionalizzante e legata alle esigenze di imprese e territori, un’alternativa all’accademia esiste già: sono gli Its, gli istituti tecnici superiori, che hanno un tasso di occupazione pari al 79,5%.

Pensate da Beppe Fioroni, e fatte decollare da Mariastella Gelmini, queste “super scuole di tecnologia” (spaziano dalla meccanica all’efficienza energetica, passando per mobilità sostenibile e Made in Italy), di volta in volta, sfornano numeri di assoluto rilievo: a 12 mesi dal titolo di studio, come detto, quasi l’80% (79,5% per l’esattezza) dei diplomati è già in azienda; e nel 70% dei casi svolgono un’attività lavorativa coerente con il percorso formativo concluso.

Le chiavi del successo sono essenzialmente due: formazione “on the job” (quest’anno sono salite a 1.688 le aziende che hanno ospitato stage) e la presenza di docenti che provengono dal mondo del lavoro (il 50% degli “insegnanti” sono imprenditori o loro collaboratori, circa il 30% liberi professionisti).

Tutto bene così? Insomma. Nonostante performance (da titoli in prima pagina), gli «Its» restano una realtà ancora di nicchia: i frequentanti oscillano tra i 5/6mila ragazzi (in Germania, nelle «Fachhochschulen», analoghi istituti di formazione terziaria professionalizzante, si specializzano oltre 800mila studenti).

Il punto è che il governo Renzi prima, e l’esecutivo Gentiloni adesso, non sono mai andati oltre gli annunci: il ministero dell’Istruzione finanzia queste “super scuole” con appena 13 milioni l’anno, a fronte dei 7 miliardi che vanno all’università (a fine 2016 si è perso tra i faldoni parlamentari l’emendamento per raddoppiare le risorse destinate agli Its - ora si sta cercando di utilizzare i fondi Ue). Ed è svanita nel nulla anche la più volte evocata semplificazione, a partire da governance e adempimenti amministrativi (un freno alle iniziative delle Fondazioni Its a vantaggio degli alunni).

Un peccato, perché lo strumento funziona, e le imprese ci credono, ma devono tornare centrali: a inizio maggio, il vice presidente per il Capitale umano di Confindustria, Giovanni Brugnoli, ha chiesto alla ministra Valeria Fedeli «un piano coraggioso» di potenziamento degli Its. Con quattro punti fermi: orientamento (vero) per famiglie e docenti, fondi certi e crescenti, meno burocrazia e nessuna “confusione” con le lauree professionalizzanti.

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