Contrattazione

Cresce il peso del secondo livello

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Il recente documento congiunto di Confindustria con Cgil, Cisl e Uil è diretto, tra le altre misure, a riformare il sistema dei due livelli di contrattazione, quello nazionale e quello territoriale/aziendale. L’intesa si propone di valorizzare il ruolo della contrattazione decentrata come leva essenziale per spingere la produttività delle imprese, agganciando una parte variabile del salario agli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione in ambito aziendale.

Non è un tema nuovo, considerando che l’utilizzo dello strumento della retribuzione variabile legata ai risultati è divenuto una misura strutturale con la legge di bilancio 2016, la quale espressamente subordina il riconoscimento del premio all’esistenza di un accordo di secondo livello. Attualmente le imprese che hanno sottoscritto un contratto collettivo aziendale possono erogare ai propri dipendenti, con reddito annuo non superiore a 80mila euro,un premio di risultato per massimo 3mila euro, applicando sullo stesso una aliquota fiscale del 10 per cento. Il tutto, se accompagnato dalla costituzione di gruppi paritetici di lavoro, con sgravio contributivo del 20% sui primi 800 euro del premio.

A questo strumento si collegano le misure previste in tema di welfare aziendale, in quanto è stato previsto che, sempre in forza di un accordo collettivo di secondo livello, i lavoratori possano optare per il trasferimento, in tutto o in parte, della retribuzione variabile verso beni, prestazioni e servizi di utilità sociale che l’impresa mette a disposizione.

Non è questo, peraltro, il solo ambito in cui la contrattazione aziendale è chiamata a giocare un ruolo sempre più centrale nella gestione delle risorse umane, perché in numerose altre aree, dalla regolamentazione delle mansioni esigibili, allo smart working, alla previsione di strumenti di conciliazione vita/lavoro, il contratto di secondo livello e, segnatamente, quello aziendale hanno acquisito un maggiore spazio di intervento.

Tra le altre misure merita di essere citata la previsione di vantaggi fiscali per le imprese che utilizzano il secondo livello per disciplinare la formazione dei lavoratori con riguardo alle innovazioni digitali introdotte nell’ambito delle politiche di Industry 4.0. La riconversione della organizzazione del lavoro con interventi sul piano tecnologico, digitale e della robotica implica la scomparsa di vecchie mansioni e la nascita di nuove funzioni professionali, rispetto alle quali la formazione dei lavoratori diventa un elemento centrale sia per lo sviluppo delle imprese, sia per la stessa salvaguardia dei livelli occupazionali.

La legge di bilancio 2018 ha previsto un credito d’imposta del 40% del costo aziendale legato al personale (fino a un massimo di 300.000 euro annui) per il periodo in cui è coinvolto in attività di formazione negli ambiti tecnologici previsti dal Piano nazionale industria 4.0. La legge espressamente collega l’incentivo fiscale all’esistenza di un accordo collettivo di secondo livello.

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