Contrattazione

Niente obbligo, si lavora solo se c’è l’accordo tra azienda e dipendente

di Giampiero Falasca e Matteo Prioschi

La liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi fa percepire come ovvio e obbligato dover lavorare di domenica e nelle festività. In realtà il quadro normativo non è così scontato, come la giurisprudenza ha avuto modo di ricordare più volte con numerose sentenze. Per quanto riguarda le festività definite come tali dalla legge, vale ancora quanto stabilito dalla legge 260 del 1949. Nelle quindici ricorrenze elencate all’articolo 2 (tra cui Natale, primo dell’anno, 25 aprile, 1° maggio, ferragosto ma anche alcune soppresse) la prestazione lavorativa non è dovuta e l’azienda non può pretenderla.

La Cassazione ha sottolineato più volte che in tali giornate i lavoratori hanno un diritto soggettivo di astenersi dal lavoro e lo svolgimento dell’attività non è rimesso alla volontà esclusiva del datore né a quella del dipendente, ma all’accordo tra le parti. Accordo che non può essere previsto in un contratto collettivo.

La Corte di cassazione, infatti, ha più volte ricordato che il diritto di rifiutare la prestazione lavorativa nei giorni festivi ha natura individuale e, come tale, è sottratto alla disponibilità delle organizzazioni sindacali; la conseguenza di questa lettura è molto rilevante perché comporta la nullità delle clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro che stabiliscono l’obbligo di lavorare durante i festivi.

Insomma, per lavorare durante le festività individuate dalla legge ci deve essere la congiunta volontà di azienda e singoli dipendenti (per esempio questi ultimi, anche se può suonare improbabile, non potrebbero pretendere di lavorare in tali giornate). L’accordo tra le parti può essere raggiunto per fatti concludenti, ma è certamente preferibile il ricorso alla forma scritta.

Questa disposizione ha come conseguenza che se un dipendente si rifiuta di lavorare in un giorno festivo e tale obbligo non è stato concordato esplicitamente, non può essere sanzionato. Inoltre se è prevista una maggiorazione retributiva per tali festività, l’importo va riconosciuto anche se non c’è prestazione lavorativa. Secondo la sentenza 27948/2017 della Corte di cassazione, l’articolo 2 della legge 260/1949 «estende il diritto al trattamento di festività anche ad alcuni casi, di totale assenza dal lavoro, ritenuti meritevoli di particolare tutela (malattia, gravidanza eccetera). Rovesciare tale norma nel senso di ritenere che il trattamento non spetti in ipotesi in cui il lavoratore semplicemente rifiuti di prestare, come suo diritto, la sua opera durante le festività previste dalla legge non è operazione consentita, né desumibile dalla norma».

Secondo i giudici, la legge 260/1949 non lascia margini di flessibilità e non consente di applicare in via analogica le eccezioni al divieto di lavoro domenicale (legge 370/1934 e Dlgs 66/2003). Meno vincoli esistono, invece, per il riposo di domenica, che può essere spostato su un altro giorno della settimana, in base all’articolo 9 del Dlgs 66/2003.

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